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Compie 100 anni la Solleder-Lettenbauer alla Nord-Ovest del Civetta, pietra miliare dell'era del sesto grado

Domenica, 05 Ottobre 2025 23:23

TRE TIRI DI CORDA SULLA NORD OVEST DEL CIVETTA CON SOLLEDER E LETTEMBAUER

di Francesco Leardi C.A.A.I. ORIENTALE

Dedicato a Beppe Tararan

Inizierò con un estratto pubblicato Su Alpi Venete Primavera-estate 2025 e successivamente edito con una edizione speciale stampata in 100 copie numerate in occasione della ricorrenza celebrata a Caprile il 27 Settembre 2025 gentilmente fornito da Mirco Gasparetto caporedattore della prestigiosa rivista.

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LETTENBAUER - SOLLEDER 

1925 - 2025

di Mirco Gasparetto

Poco prima della mezzanotte del 7 agosto di cent’anni fa, due ragazzi bavaresi calcarono la cima della Civetta dopo essere direttamente usciti, primi a farlo, dalla favolosa parete nord-ovest.

Ci misero l’intera giornata e una manciata di chiodi per salire quei 1100 metri ancora ignoti. Bivaccarono in vetta qualche ora, poi, nel chiarore della luna che filtrava da rade nebbie notturne, scesero lungo la via normale.

1 emil solleder in Val Canali 1926 page 0001Emil Solleder in Val Canali nel 1926 Emil Solleder e Gustav Lettenbauer, i due ragazzi, sapevano di aver compiuto qualcosa d’importante, ma chissà se si sarebbero aspettati l’effettiva portata con la quale l’impresa si rivelerà alla storia.

Perfetto paradigma del VI grado nella scala delle difficoltà che battezzò Wilhelm Welzenbach un anno dopo, “la Solleder” fu celebrata come “la prima via di VI” nella storia dell’alpinismo. Eppure, marcando l’assolutismo, non mancarono in seguito osservazioni e sottolineature.

Già nell’estate precedente, l’11 e 12 agosto 1924, Roland Rossi e Fritz Simon avevano salito un’altra grande parete che esprimeva difficoltà di VI grado, la nord del Pelmo. Sulla questione è indicativo quanto sentenziò Hans Steger: «Ho fatto nove volte il Pelmo, cinque volte la Civetta, e tuttavia non sono mai riuscito a dirmi con sicurezza quale delle due ascensioni sia la più difficile (o la meno facile)»[1]. Peraltro lo stesso Solleder, qualche giorno prima della salita sulla Civetta, aveva firmato con Fritz Wiessner la prima ascensione di un’altra ambita parete nord, quella della Furchetta, anch’essa con un riconosciuto tratto di VI grado[2]. Tornando all’estate del ‘24, il 1° settembre, ovvero un paio di settimane dopo la salita registrata sul Pelmo, il ventottenne d’origine cadorina Oliviero Olivo scalò addirittura da solo lo spigolo sud-est della Cresta degli Invalidi, sulle Marmarole. Anche in questo caso difficoltà di VI dichiarate in primis dal fuoriclasse veneziano Vittorio Penzo nel 1949, quindi dalle guide alpine e “ragni” cadorini Ferruccio Svaluto Moreolo e Mauro Valmassoi nel 1987[3]. Del resto il 23 agosto 1923 altri due ragazzi di Monaco, Ludwig “Wigg” Böttcher ed Eugen Röckl, avevano salito un itinerario diretto sulla ovest del Mulàz, catena settentrionale delle Pale di San Martino, aprendo una via in odore di VI recentemente ribadito dalla guida alpina di Primiero Renzo Corona[4]. Considerato quanto si stava realizzando anche sui massicci calcarei settentrionali, in particolare nel Kaiser, sembrerebbe aggirarsi intorno alla metà degli anni Venti la cesura storica relativa alla condivisione del concetto di “sesto grado”, se non che la stessa parete nord-ovest della Civetta fu teatro di una stupefacente scalata addirittura nel 1910 da parte dei tedeschi Gabriel Haupt e Karl Lömpel, che però sbucarono in cima alla Piccola Civetta (3207 m) e non sulla vetta principale (3220 m). L’impresa, tanto eclatante quanto dimenticata, fu scoperta e rivalutata a distanza di quasi ottant’anni dall’esperta cordata accademica De Marchi-Masucci[5], che confermò inaspettate difficoltà di VI.

La necessaria premessa per affermare che l’espressione “primo sesto grado” nella storia dell’alpinismo stride a tal punto da divenire anacronistica. Non stride invece constatare come “la Solleder” debba essere considerata l’icona del sesto grado dolomitico, al di là d’essere il primo, il secondo o il terzo nella cronologia degli eventi. Cima, lunghezza della via, ambiente, divulgazione e ripetizioni prestigiose, oltre ovviamente alla difficoltà tecnica, hanno innalzato un totem che si è consolidato grazie a una tradizione divenuta, oggi, centenaria.

 

2 gustav lettenbauer page 0001Gustav Lettenbauer ALTRE RIVELAZIONI DOLOMITICHE

Quando si parla della Civetta come “Regno del Sesto Grado” e di Wand aller Wände, ovvero “Parete delle Pareti”, impossibile non confrontarsi con due nomi che fecero di questa montagna il loro oggetto di culto: Domenico Rudatis (1898-1994) e Vincenzo Dal Bianco (1928-2014).

Se a Giovanni Angelini dobbiamo la più completa ricostruzione storica del periodo pionieristico, a Domenico Rudatis si deve la difficile operazione di storicizzazione degli eventi nella loro contemporaneità, ovvero negli anni Venti e Trenta del Novecento. Coerente allo Zeitgeist che aleggiava sulle giovani generazioni tedesche, Rudatis fu perfetto aedo per un modello alpinistico che sulle Dolomiti, e in particolare sulla Civetta, aveva trovato il proprio terreno ideale. In quegli anni la “Parete delle Pareti” diviene una grande arena nella quale spingersi oltre le “Colonne d’Ercole” della verticale. Rudatis, vero e proprio ideologo, iniziò a predicare nuovi concetti alpinistici, sportivi, filosofici, pubblicando una serie di fondamentali scritti sulla Rivista del CAI e sul mensile Lo Sport Fascista. Pur in antitesi all’alpinismo esplorativo di Antonio Berti, che velatamente ne osteggiava i principi parteggiando per i vertici “occidentalisti” del CAI ai quali Rudatis era inviso, la prima relazione in italiano della “Solleder” si trova nella guida Le Dolomiti Orientali, il capolavoro di Berti edito nel 1928, grazie alla trascrizione dello stesso Rudatis[6].

L’altro nome al quale si deve una moderna enciclopedizzazione della storia della Civetta, in continuità con ciò che produsse Angelini, è quello di Vincenzo Dal Bianco.

Per oltre cinquant’anni Dal Bianco raccolse dati, indagò, ricostruì quanto successe sul maestoso gruppo dolomitico, producendo una messe d’importanti contributi tra i quali un minuzioso approfondimento sulla via di Solleder e Lettenbauer. Proprio questo studio, pubblicato ormai venticinque anni fa[7], chiarisce alcuni luoghi comuni relativi alla vicenda. Anzitutto chi fossero, prima della Grande Guerra, coloro che probabilmente misero nel mirino una via diretta sulla parete nord-ovest, ovvero Angelo Dibona e Paul Preuss. Il dato che consente d’affermarlo si ritrova nelle firme che entrambi lasciarono, nel 1910, tra le pagine del primo Libro del Rifugio Coldai.

Altro interessante dato circa la ricostruzione storica intorno alla salita, risiede in una lettera inviata da Gunther Langes allo stesso Dal Bianco, non datata ma collocabile tra il 1956 e il ‘57. Nella missiva l’alpinista sudtirolese scrive: «Sulla storia della Solleder le potrei dare una notizia di completamento dal momento che io e Merlet credo eravamo i primi a fare nel 1921 la traversata e la susseguente fessura, dovendo poi rinunciare per una lesione (menisco) di Merlet. Solleder ha trovato i miei chiodi. Ma ciò non è importante e ne parleremo, se le interessa, in occasione di un nostro incontro». Incontro, purtroppo, mai più avvenuto. Ulteriore elemento intrigante lo fornisce lo Jahresbericht Akademischen Alpenverein München del 1958. Nell’annuario dell’Associazione alpina universitaria di Monaco, infatti, Karl Hermüller ricorda Ludwig Böttcher (quello della diretta alla ovest del Mulàz nel 1923) che scomparve proprio in quell’anno: «Nell’agosto del 1925 alcuni giovani alpinisti si ritrovarono al Rifugio Coldai. Il loro sogno era conquistare l’allora vergine parete nord-ovest della Civetta. Tra questi candidati alla Civetta c’era anche il nostro amico Ludwig Böttcher»[8]. L’incipit trasmette l’effettivo clima alpinistico del momento e, dunque, come una via diretta su quella parete fosse l’obiettivo dei migliori, che in quel frangente erano tedeschi. Tra loro anche Solleder e Lettenbauer, epigoni della cosiddetta “Scuola di Monaco”.

Infine, c’è una sorta di consuetudine “lessicale” che sembra impossibile sradicare. Nel 1971 Toni Hiebeler si recò a Erlangen per intervistare il settantenne Gustav Lettenbauer, uscito da lungo tempo dai radar delle cronache. A differenza della guida alpina Emil Solleder, che nel 1926 vinse pure la parete est del Sass Maòr prima di precipitare dalla Meije ed entrare nell’aura del mito, Gustav Lettenbauer chiuse con l’alpinismo per dedicarsi al lavoro di tecnico ortopedico e alla famiglia. Nell’intervista che Hiebeler pubblicò in Alpinismus, il mensile che egli stesso dirigeva, l’anziano arrampicatore continuava a sostenere come il racconto di Solleder, che allora ebbe larga divulgazione[9], non fosse corretto: «Egli scrisse che per quasi tutta l’ascensione fu primo di cordata. Questo non è esatto, perché fino al camino con la cascata ci siamo sempre dati il cambio. Poi, sul camino, Solleder si ferì alla spalla destra e da qui continuai sempre io da primo»[10].

Ancora una volta, dopo le proposte di Lucien Devies, quindi di Domenico Rudatis insieme a Dal Bianco e infine di Toni Hiebeler, ecco rinnovarsi la richiesta - ancora di Dal Bianco - di ricordare la diretta del 1925 come “via Lettenbauer-Solleder”. Anche questo, però, sembra essere un’altra impresa estrema.

[1] Vittorio Varale-Reinhold Messner-Domenico Rudatis, Sesto grado, Longanesi, 1971, p. 37.

[2] Cfr. Lorenzo e Pietro Meciani, Odle – Pùez. Dolomiti tra Gardena e Badia, CAI-TCI, 2000, p. 206.

[3] Marcello Mason, Oliviero Olivo, una vita speciale, in LAV 1/2015, p. 4. Svaluto Moreolo e Valmassoi la salirono in prima invernale a fine dicembre 1987 (cfr. relazione della salita a cura di Svaluto Moreolo, p. 13).

[4] Renzo Corona-Igor Simoni, Pale di San Martino. Arrampicate scelte classiche e moderne, Versante Sud, 2018, p. 30.

[5] Alessandro Masucci, 1910: sesto grado? in Rivista Mensile del CAI, 2/1988, p. 18.

[6] Cfr. Antonio Berti, Le Dolomiti Orientali, Treves, 1928, p. 101.

[7] Vincenzo Dal Bianco, Civetta. La soglia dell’impossibile: Solleder e Lettenbauer, Nuovi Sentieri, 2000.

[8] Cfr. Jahresbericht des Akademischen Alpenverein München, Jahrgang 64/65, 1955-1958, p. 4.

[9] Emil Solleder, Die letzten Groβen Probleme der Dolomitenwände [Gli ultimi grandi problemi delle pareti dolomitiche], in Zeitschrift des DOeAV, 1927, Vol. 58, p. 234.

[10] Toni Hiebeler, Der Vergessenheit entrissen: Gustav Lettenbauer Bezwinger der Civetta Nordwestwand [Strappato dall’oblio: Gustav Lettenbauer, conquistatore della parete nord-ovest della Civetta], in Alpinismus, n. 5/1971, p. 16. 

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7 Agosto 1925 Solleder e Lettenbauer aprono una pagina fondamentale della storia dell’alpinismo mondiale e creano una leggenda.

27 Settembre 2025 Alleghe e Caprile ci accolgono per iniziare tutti insieme una cordata ideale per festeggiare i 100 anni dall’apertura di questo splendido e impegnativo itinerario.

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Martini Tessari Bonafede Frizzera BaùTestimoni della storia della Nord-Ovest: Martini, Tessari, Bonafede, Frizzera, Baù

Mariano Frizzera intervistato da Soratroi racconta il soccorso ricevutoMariano Frizzera, intervistato da Soratroi, racconta il soccorso ricevuto sulla Nord-Ovest

L’amministrazione comunale di Alleghe con il capocordata sindaco Danilo De Toni e un eccellente comitato organizzatore hanno degnamente affidato la rilevanza necessaria all’evento proponendo un intenso programma che ci ha accompagnato tutta la giornata.

Prendo spunto per la sommaria relazione dell’evento da una immagine retorica proposta dal brillante moderatore dell’evento, Giampaolo Soratroi che ha paragonato i tre momenti celebrativi a tre lunghezze di corda. 

“Il Soccorso Alpino fra i protagonisti della via Solleder-Lettenbauer”

con la partecipazione delle Stazioni di Agordo, Rocca Pietore e Alleghe

I testimoni della Nord-Ovest del Civetta.

Storie e aneddoti a confronto sullo sfondo della Guida

“Civetta Nord Ovest” di Alessandro Baù e Luca Vallata

Proiezione del documentario “100 Solleder-Lettenbauer“

con il commento del regista Emanuele Confortin 2025

Dalla base della parete inizierò scalando anche io il primo tiro come nella realtà affrontato alla mattina.

Il soccorso lungo la parete NW così grandiosa è sempre stato difficoltoso per la lunghezza, per la difficoltà nel trovare il giusto accesso per le calate e non ultimo l’esposizione geografica certamente non tra le migliori.

Questo solo per elencare alcune problematiche che sono state evidenziate da un folto gruppo di membri del soccorso alpino delle stazioni di Agordo, Rocca Pietore, Alleghe e Belluno.

Siamo sulla cima il parterre dei collaboratori al film

Sul palco si sono avvicendati i protagonisti del passato e del presente e vorrei nominarli in ordine sparso: Alessandro Rudatis (“Mela”), Dimitri De Gol, Giorgio Farenzena, Eugenio Bien, Alberto Lagunaz, Valter Bellenzier, Diego Favero, Lucio De Toni.

Svariati aneddoti si sono alternati sui soccorsi a partire dal racconto del primo intervento che risale al 1930, e che fu ultimato dopo 3 giorni, fino ad arrivare ai giorni nostri.

Di grande interesse le immagini proiettate che mostravano l’argano utilizzato per calate e recuperi studiato da Mariner che era un'ideatore di attrezzature e apparecchiature che aveva avuto modo di sperimentare nel corso della guerra. Il più importante di questi attrezzi era senza dubbio lo Stahlseilgeraet: una corda di acciaio, azionata da un verricello, che permetteva di calare e recuperare un soccorritore in poco tempo specialmente sulle pareti a picco. A questo si aggiungevano altri due attrezzi di particolare importanza: la mitica barella Rometsch-Mariner (usata da tutti i vecchi soccorritori) e il sacco portaferiti Gramminger, semplice attrezzo in cuoio con il quale il soccorritore era in grado di trasportare il ferito a spalle (n.d.r.).

Un interessante ed educativo filmato sviluppato da Lucio De Toni ha poi illustrato una simulazione di soccorso sulla parete della Torre Trieste con tecniche e pregevoli manovre di corda.

Come sottolineato da tutti membri del soccorso presenti sul palco l’utilizzo degli elicotteri ha facilitato e velocizzato le operazioni di soccorso ma è oltremodo fondamentale l’addestramento e l’aggiornamento continuo del personale che deve essere preparato alle condizioni peggiori poiché come tutti sappiamo, in caso di condizioni meteo avverse, non sempre è possibile utilizzare questo mezzo.

Soratri Casagrande Baù VallataAlcuni dei protagonisti della manifestazione: Soratroi, Casagrande, Baù, VallataAlberto Lagunaz ha raccontato di un intervento effettuato nel 1969 sulla Su Alto per un alpinista russo definendolo simpaticamente con un “niente di particolare”!

Il primo intervento sul Monte Civetta con l’aiuto dell’elicottero è del 1974.

Il soccorso più difficile pare sia stato nel 1970 sul Philipp-Flamm per il recupero di 4 alpinisti bloccati.

Un ruolo fondamentale è quello dei custodi dei rifugi in particolare il Valter Bellenzier gestore del Tissi che molto spesso è ed è stato “lo sguardo” dei soccorritori dando preziose indicazioni sul posizionamento degli alpinisti bloccati e/o feriti.

Il moderatore Gianpaolo Soratroi ha poi chiesto ai convenuti in sala se qualcuno fosse stato soccorso sul versante NW.

Ha fatto un intervento il sempre presente Mariano Frizzera narrando che in seguito ad un infortunio sulla Su Alto è riuscito autonomamente ad arrivare alla base della parete per poi arrivare al rifugio Tissi ed usufruire solo in quel momento dell’intervento finale dei soccorritori.

Anche Alessandro Baù con grande umiltà e onestà ha narrato del tentativo di una sfortunata solitaria su Capitan skyook: bloccato in parete da condizioni meteo avverse e a rischio di ipotermia, ha dovuto richiedere e attendere i soccorsi.

Soratroi Casagrande e MartiniSoratroi, Casagrande e MartiniCosì siamo giunti in sosta in attesa di partire, nel pomeriggio per il secondo tiro questa volta con due capicordata con funzioni da moderatore e cioè il giornalista Giuseppe Casagrande e il sempre brillante Giampaolo Soratroi.

Alla loro corda Alessandro Baù e Luca Vallata autori della recente guida “Civetta nord-ovest” edita da Idea montagna.

Le dita e gli avambracci in sala hanno cominciato a scaldarsi al cospetto del momento storico letterario che ha fatto da preludio al tanto atteso docu-film del regista Emanuele Confortin di recente investito del titolo di accademico del C.A.I..

Ma ritorniamo a Baù e Vallata che nel lavoro di stesura della guida si sono per così dire “spartiti” il lavoro, è un eufemismo ovviamente, in quanto Luca si è interessato maggiormente alla parte storica da grande appassionato di storia dell’alpinismo, mentre Alessandro si è dedicato maggiormente alla parte tecnica.

Non me ne vogliano gli autori per questa distinzione così spicciola ma credo efficace per onorare un lavoro di editoria tra i più belli degli ultimi anni.

La storia delle vie della Nord-Ovest del Civetta e maggiormente nello specifico della Lettembauer-Solleder e delle sue ripetizioni solitarie, invernali e di velocità è entrata di prepotenza tra i presenti in sala.

Vari invitati sono intervenuti narrando le loro esperienze sulla nord-ovest da Bonafede e Menegus a Giovanni Rusconi, Tessari, Fabbrica e Crimella passando con un suo omaggio a Marco Anghileri.

Martini, Frizzera, Dell’Agnola e Alcide Prati hanno poi calcato la sommità del palco narrando aneddoti molto vivaci.

Poi tutti a scuola di arrampicata con la “via degli studenti” con la presenza di tre dei suoi apritori Prinoth, De Jori e Travaglia.

Poi di nuovo tra la neve e il ghiaccio con i giovani Dellai, Bertoldo e Toldo che con in tre giorni hanno concluso un'altra invernale alla Solleder-Lettembauer.

E che dire di Renato Panciera e della salita del Philipp-Flamm in giornata il 27 Dicembre 1988?

Così siamo arrivati alla seconda sosta con lo zaino carico di emozioni e con un poco di tempo a disposizione per scambiare due chiacchiere in una sala gremita di uomini e parole di montagna.

Ormai dobbiamo partire per il terzo tiro di corda in vista della vetta.

Gianpaolo Soratroi si lega questa volta con Emanuele Confortin regista del film che racconta i primi cento anni della Solleder-Lettembauer, film molto atteso e prodotto con Alessandro Baù ed Alessandro Beber con la sponsorizzazione del Club Alpino Italiano.

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Per un saluto scala il palco anche il presidente del C.A.I. Antonio Montani.

Scopo del progetto era ripercorrere la celebre ascensione inserendola nel contesto della parete Nord-ovest del Civetta, su cui sono state scritte alcune delle pagine più entusiasmanti dell’alpinismo dolomitico.

Si tratta di un exploit senza precedenti che si sviluppa su una parete di oltre 1100 metri che comportò il superamento di difficoltà tecniche elevate in un ambiente che oserei dire repulsivo ma ricco di fascino.

Il tutto fu risolto in giornata, con una "corsa" dall’attacco alla cima senza ricorrere al bivacco, soluzione inevitabile per molti ripetitori del tracciato.

Un film bello e intenso realizzato con approfondite ricerche storiche e contributi di molti protagonisti della storia della via, compreso un anziano Sorgato con il quale Confortin è stato una intera giornata per realizzare l’intervista..

Il tutto assemblato con la salita filmata della via effettuata, come ha detto Alessandro Beber "cercando di essere il più lenti possibile", per riuscire a documentare al meglio la via e ad assaporarne i tratti salienti.

Un film e documentario da non perdere.

Ecco ora siamo di fronte al primo difficile passaggio fatto di tanti sassolini messi insieme da non so quale misterioso miracolo, prima di entrare verso un ignoto che poi diventerà la vetta anche del nostro percorso di festeggiamento dei suoi cento anni; di quei cento anni della Solleder-Lettembauer, e per non fare torti Lettembauer-Solleder, Alleghe e Caprile hanno consolidato e validato la leggenda.

Nota personale: era il 5 Agosto 1994 e in una giornata perfetta con te, caro Beppe, salimmo la Solleder-Lettembauer.

Sabato alle celebrazioni c’era una parte di te: tuo figlio. Penso però ci fossi anche tu perché quando ho visto nel filmato quel muro di sassolini del primo tiro….come dimenticare! Ciao Beppe.

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Con il sindaco De ToniF. Leardi con il sindaco De Toni

 

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