Sabato 6 e domenica 7 ottobre si svolgerà a Barzio/LC il Convegno Nazionale 2018.
In allegato la locandina dell'evento.
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MAURIZIO GIORDANI vince il Pelmo d'Oro 2018 per l'alpinismo in attività
Ecco le motivazioni della giuria:
"Rientra a pieno titolo tra le eccellenze dell'alpinismo italiano. Affascinato dalla gigantesca parete d'argento della regina delle Dolomiti, la sud della Marmolada, comincia fin dagli albori della sua attività alpinistica a legare ad essa il suo nome. Vi aprirà vie nuove di continuità estenuante e difficoltà estrema, e vi compirà prime ripetizioni invernali e in solitaria di vie simbolo come la via Attraverso il pesce e Tempi moderni. Si afferma anche come il maggior conoscitore di questa parete, ripetendone la maggior parte degli itinerari e dando alle stampe due accurate guide e un libro, Marmolada, sogno di pietra, impreziositi dalle sue splendide foto"
MARIANO FRIZZERA, Accademico del Gruppo Orientale, è stato nominato Socio Onorario del CAI nel corso dell’Assemblea dei Delegati di Trieste del 26-27 maggio 2018.
Grandi imprese, dedizione al lavoro e profonda umanità nei rapporti interpersonali sono le caratteristiche che hanno fatto meritare questo prestigioso riconoscimento, come ha ricordato all’Assemblea il Presidente generale del CAAI Rampini.
A Mariano gli auguri di tutti i soci.
Nel corso dell’Assemblea dei Delegati CAI a Trieste sabato 26 maggio ha avuto luogo la cerimonia di premiazione dei candidati
al conferimento del Premio Paolo Consiglio 2018.
Matteo della Bordella e David Bacci
Il riconoscimento è attribuito ogni anno dal CAI ad una o più spedizioni extraeuropee.
L’individuazione e la proposta delle candidature è demandata alla Sezione Nazionale CAAI.
A seguito della modifica del Regolamento del Premio del 2016, il riconoscimento viene attribuito a spedizioni a prevalente composizione giovanile.
Quest’anno si è ritenuto di premiare ex aequo due spedizioni, tra loro molto diverse, ma accomunate da più elementi: formate da giovani,
spedizioni leggere e quindi a basso impatto ambientale, autogestite, con spiccato carattere di avventura ed esplorazione, oltre a contenuto tecnico rilevante.
SPEDIZIONE PATAGONIA 2018 CERRO RISO PATRON
Composta da Matteo della Bordella e Silvan Schüpbach, due alpinisti entrambi giovani ma di già ottima esperienza. Riconoscimento assegnato “a progetto”, in esecuzione al momento della delibera di proposta. La spedizione ha raggiunto l’obiettivo prefissato, la prima salita lungo una grandiosa via di ghiaccio della Cima Sud del Cerro Riso Patron, una delle montagne più remote ed isolate della Patagonia. La spedizione ha operato “by fair means” con lungo avvicinamento a piedi e oltre 100 Km in kayak.
SPEDIZIONE ALASKA 2017
Composta dai giovani Luca Moroni e David Bacci per la ripetizione della Diretta Slovacca al Denali. Aperta dai fortissimi slovacchi Blajez Adam, Tono Krizo e Franticek Korl nel 1984, la via supera con 2800 m di dislivello e più di 3000 m di arrampicata l’enorme parete sud e conta oggi, dopo oltre trent’anni, solo sette ripetizioni.
Si tratta di un itinerario di estremo impegno ambientale, tecnico ed alpinistico sulla montagna più alta del Nord America, percorso in cinque giorni da Moroni e Bacci.
Un’impresa alpinistica di grande valore, che ha avuto sui media risalto molto inferiore ad altre salite, magari prime e molto sponsorizzate, ma sicuramente inferiori come ingaggio e come avventura. Uno spunto anche di riflessione sul rapporto tra alpinismo e media.
http://www.mountlive.com/bacci-e-moroni-prima-ripetizione-italiana-del-denali-via-degli-slovacchi/
CONCLUSIONI E MOTIVAZIONI
Due esempi diversi e complementari di sviluppare un’avventura piena, ancora possibile sia come scoperta di nuovi itinerari sia come ripetizione di salite che rimangono di elevatissimo ingaggio per chiunque vi si voglia cimentare. Avventure complete, concepite ed attuate in autonomia da giovani alpinisti italiani e da pubblicizzare come stimolo ed esempio per un recupero dei giovani al grande alpinismo di avventura, dove la difficoltà tecnica è solo una delle componenti e si accompagna necessariamente a doti personali importanti come la progettualità, l’impegno, la capacità di valutare le proprie potenzialità e il coraggio di esprimerle al massimo.
Il socio Maurizio Oviglia relaziona con la consueta precisione i risultati della spedizione esplorativa svoltasi dal 22 al 29 aprile 2018 in una zona alpinisticamente inesplorata della Giordania.
Alla spedizione hanno partecipato diversi soci CAAI.
Di seguito il link all'articolo pubblicato su PLANETMOUNTAIN.
Convegno primaverile del Gruppo Orientale del CAAI
Castelnuovo Monti/RE 19/20 maggio 2018
A Castelnuovo Monti, nell’Appennino reggiano ai piedi della Pietra di Bismantova, si è tenuto il Convegno primaverile 2018 del Gruppo Orientale del CAAI.
Si ringrazia per il supporto logistico ed organizzativo la locale Sezione del CAI, guidata dall’inossidabile Ginetto Montipò.
Dopo il saluto delle autorità, dal Sindaco di Castelnuovo Monti al Presidente del Parco Nazionale nel quale si colloca Bismantova, e dopo il saluto del Presidente generale Alberto Rampini, il primo ospite della giornata, Matteo Bertolotti, Presidente CNSASA Lombardia e animatore del Gruppo Sass Baloss, ha tracciato una interessante e documentata storia alpinistica della Pietra di Bismantova, della quale fra l’altro ha compilato di recente una apprezzata guida alle arrampicate, assieme all’Accademico trentino Diego Filippi. In allegato un breve sunto della storia alpinistica di Bismantova elaborato dallo stesso Matteo, che ringraziamo.
Matteo Bertolotti Alessandro Baù
Alessandro Baù, Accademico e Guida Alpina, e Nicola Tondini, Guida Alpina, hanno introdotto e sviluppato il tema specifico del Convegno” Etica, sicurezza e tradizione”, seguiti da un pubblico attento e qualificato, che si è reso alla fine protagonista di un interessante dibattito.
In estrema sintesi, il risultato condiviso della relazione e del dibattito propone un approccio discreto e conservativo alle grandi vie storiche, capolavori da conservare e valorizzare nel modo più soft possibile, per preservarli dal degrado del tempo, documentarli e proporli agli alpinisti di oggi, che siano intenzionati e preparati a percorrerli con lo stesso spirito di avventura che animò a suo tempo gli apritori.
Nicola Tondini
Questo non significa opposizione a qualsiasi opera di bonifica, ma si ribadisce che eventuali interventi dovrebbero avvenire nel tempo, a cura dei ripetitori e non sulla base di interventi sistematici e pianificati.
La “bonifica” e “messa in sicurezza” delle vie classiche è un obiettivo fuorviante, nella convinzione che la sicurezza prima deriva dalla preparazione, dall’approccio graduale e dalla consapevolezza anche culturale dei frequentatori.
In questa prospettiva si è sottolineata l’importanza del fattore educativo e formativo svolto dalle Scuole del CAI.
Sabato 19 maggio a Castelnuovo Monti si terrà il Convegno di primavera 2018 del Gruppo Orientale.
Tema del convegno: Etica, sicurezza e tradizione.
Solare parete ben visibile percorrendo la statale della Valsugana SP47 da Bassano a Trento già in prossimità dell’abitato di Solagna e ben distinguibile salendo per la strada che sale da Valstagna a Foza.
La parete si appoggia su una ripida dorsale erboso rocciosa che sprofonda verso la Val Frenzela e forma a sinistra una lunga bastionata di altezza variabile dai 250 ai 100 metri che termina con la falesia della “Val Frenzela”.
Tale bastionata è interrotta a metà da un ripido canale che sale verso l’altopiano.
A destra la bastionata prosegue, dopo una rientranza, con la parete dell’edera e si abbassa verso la dorsale che forma spartiacque con la Val Vecchia(la valle percorsa dalla strada SP73 Valstagna-Foza).
Vi sono varie modalità per accedere alla parete a seconda delle stagioni e naturalmente in base alle condizioni di innevamento; la parete data la sua favorevole esposizione è percorribile anche in pieno inverno.
Si può accedervi facilmente dall’alto raggiungendo l’abitato di Foza per poi portarsi verso la chiesetta di San Francesco.
Dalla chiesetta dirigersi verso il piazzale della croce e imboccare a ritroso il sentiero Pierino della Zuanna.
Dal bivio immediatamente sotto un saltino roccioso(panchina del “Generale”), andare a destra(di marcia e con alcuni ripidi tornanti(attenzione in caso di terreno bagnato)portarsi sotto la parete dell’edera.
Già dalla panchina del “Generale”si ha un bella vista sulla parete.
Dalla parete dell’edera sempre per sentiero al sottostante piazzale denominato “Parlamento delle Streghe”.
Pochi metri sotto al parlamento imboccare una evidente traccia verso destra(di marcia)che porta in brevissimo tempo alla base della possente bastionata(dalla chiesetta 30 minuti in discesa).
In caso di innevamento sulla sommità, si può raggiungere la parete con avvicinamento escursionistico dal ventesimo tornante della Valstagna-Foza, oppure tramite il sentiero Pierino della Zuanna dal tornante 2 oppure dalla falesia della “Val Frenzela” percorrendola interamente alla sua base fino alla fine e imboccando una vecchia traccia orizzontale(vari ometti) prestando attenzione ad alcuni tratti un poco esposti; tale traccia costeggia l’imponente bastionata in tutta la sua lunghezza.In circa 30 min. si arriva alla base della parete.
Nella foto "X sempre X" è la via più a destra
Nome della via tradotto in “Per sempre X” dedicata al cagnolino di Valerio Ranzato(per l’appunto di nome X) perso alla pendici della parete.
Ultimata nel Febbraio 2018 e aperta in più riprese dal basso da:
Francesco Leardi C.A.A.I. Gruppo Orientale
Coadiuvato da:
Francesco Moscato C.A.I. Padova
Giacomo Bergamin C.A.I. Cittadella
Valerio Ranzato C.A.I. Camposampiero
Prima ripetizione:Stefano Casarotto e Francesco Leardi 17/02/18
L’ itinerario, il quarto della parete, attacca circa 50 metri a destra e più in alto della Via il “Re…Spiro delle Streghe” ed è la prima che si incontra della bastionata.
Inizialmente si svolge sul vertiginoso spigolo per poi aggirare gli strapiombi e portarsi a sinistra confluendo su “Re…Spiro delle Streghe”.
Via totalmente attrezzata a spit da 10 mm. e qualche chiodo normale; L’itinerario è stato ripulito ma comunque richiede ancora attenzione per qualche tratto instabile e richiede una buona capacità alpinistica.
Via molto bella sempre in grandissima esposizione e di notevole interesse per le vertiginose traversate.
Roccia nel complesso da buona a ottima, solo qualche tratto friabile.
Il tipo di salita è simile alla contigua “Re…Spiro delle Streghe” ma più difficile.
Il primo tiro era stato oggetto nel 2017 di ricognizione e attrezzatura da parte di Paolo Paia e Giacomo Bergamin.
Difficoltà: fino al 6c+ (oppure 6a/A0)obbligatorio 6a/6a+
Sviluppo: 280 m. compresi gli ultimi 3 tiri di “Respiro….delle Streghe”.
1)Risalire delle fessurette e poi verso destra superare un piccolo strapiombetto portandosi a destra alla sosta(6a).S1.20 m.
2)direttamente fin sotto un tettino(5c)uscendone a sinistra(6a)poi verticalmente e quindi a sinistra alla sosta(5a/5b).S2.25 m.
3)Risalire sul gradino sopra la sosta e quindi salire in leggero obliquo a destra arrivando su un buon gradino(5c).Salire direttamente ad un altro comodo gradino(5c/6a).
Innalzarsi direttamente su una placchettina e superare quindi il successivo diedrino uscendone a sinistra(insieme di 6a/6a+ sostenuto).Dalla lista risalire verso un enorme blocco staccato(ma stabile) e traversare a sinistra alla comoda sosta(5a).S3.40m.(attenzione tiro molto continuo su contenute difficoltà da fare prestando attenzione ad alcuni blocchi apparentemente instabili, spittatura ottima;prestare attenzione allo scorrimento delle corde).
4)Ritornare al blocco a destra e risalire un breve saltino ad un comodo gradino(6a).
Superare la difficile placchettina gialla(6b)e per fessure salire con bella arrampicata verso il tetto (6a/5b/5c).
Salire a sinistra per una bellissima e rugosa placca sostando sotto il tetto.
S4.30 m.
5)scendere leggermente su roccia rugosissima e cominciare l’espostissimo traverso a sinistra fino al suo termine su un gradino(5c/6a).Innalzarsi direttamente e quindi cominciare il traverso su splendide gocce con leggeri innalzamenti e una decisa risalita alla sosta(insieme di 6b/6c piuttosto sostenuto).
S5.30 m.libro di via.Sosta comoda ma espostissima.Attenzione allo scorrimento delle corde.
6)A sinistra e poi verticalmente per lo splendido muro molto sostenuto con un paio di impegnativi obbligatori (6a/6c+).
Superare il tettino e pervenire alla esposta sosta su piccoli gradini.S6.30 m.
7)Su rocce facili salire ad una clessidra e quindi traversare orizzontalmente alla sosta 7 di “Respiro….delle Streghe”(facile 3).S7.15 m.
Ora seguire gli ultimi 3 tiri di “Respiro…..dell Streghe”(difficoltà fino al 6b)e pervenire alla sommità.
n..b.: E’ stata modificata la S9 di quest’ultima via che è stata abbassata sul comodo terrazzino posto sotto la vecchia sosta che era sul filo di spigolo.
Discesa:Dalla sommità salire in leggero obliquo verso sinistra(ometti) imboccando evidenti tracce sempre a sinistra di una piccola paretina; arrivare ad una vecchia traccia che si segue per una ventina di metri verso destra(di marcia) pervenendo ad un bellissimo ripiano erboso con meraviglioso panorama.
Risalire facilmente la dorsale soprastante seguendo il bosco(dorsale che fa da spartiacque tra due versanti) incontrando anche una trincea ed una postazione militare.
Uscire dal bosco e per il bel pascolo soprastante ritornare alla strada sterrata e alla chiesetta di San Francesco(dall’uscita della via circa 20/30 min.).
Tranquillo Balasso, socio CAAI, ha aperto oltre 100 vie nuove, su pareti spesso poco o nulla conosciute delle Piccole Dolomiti, Pasubio e zone circostanti.
Quasi tutte aperte in stile trad, molto raramente con utilizzo di spit, le vie sono in genere ben attrezzate (chiodi e clessidre) e ripulite da sassi mobili e erba.
Gli abbiamo posto alcune domande.
1 - Quando e come è nata la tua passione? E’nata prima la passione per la montagna o per l’arrampicata? Ci sono state delle figure carismatiche che ti hanno dato l’imprinting o è nato tutto dentro di te?
Nel 1972 mi sono arruolato volontario negli Alpini Paracadutisti. Non volevo fare i soliti 15 mesi di noia, ma al contrario cercavo un posto dove trovare (provare) emozioni e avventura. Lanci con il paracadute dall’elicottero in montagna con la neve, marce di sopravvivenza, raid, campi mobili, corso sci, corso roccia ecc…il tutto sempre in montagna, in ogni stagione, con qualsiasi tempo.
2 – Come si è sviluppata questa tua passione? (escursioni/vie di roccia/salite invernali/ripetizioni/vie nuove).
Tutte queste esperienze, fatte nella compagnia Alpini Paracadutisti, furono per me una rivelazione; cosi è iniziata la mia passione per l’ambiente montano. Poi in maniera sempre più preponderante l’arrampicata in montagna è stata l’attività che più mi ha coinvolto e che tuttora ancora mi entusiasma. Tutto è cresciuto un po’ alla volta dentro di me facendo tesoro delle esperienze che andavo maturando e seguendo quel che era in quel momento il tipo di salite che più mi motivava, sempre con un occhio attento alla storia delle vie che andavo facendo e alla storia dell’arrampicata in generale, dai suoi inizi alle imprese del momento.
3 – Mi sembra che il filone principale della tua attività sia rappresentato alla fine dall’apertura di vie nuove in ambienti di carattere esplorativo. E’ una scelta condizionata dalle pareti ancora a disposizione o ti piace proprio l’andare a scovare possibili itinerari in zone “nuove”?
Ho aperto la mia prima via trent’otto anni fa e in questi ultimi 15 anni per me questa è diventata l’attività in montagna che più mi appassiona e gratifica. Mi piace esplorare ,scoprire, creare qualcosa di nuovo, ricercare. La mia indole è fatta soprattutto di curiosità e creatività. Quando guardo una parete mi viene naturale ricercare tra le sue pieghe, fessure , diedri, spigoli ecc… una possibile via di salita il più naturale possibile. Preferisco le pareti in luoghi ancora poco esplorati, ma non disdegno quelle che si trovano poco lontane dall’auto. Non vado in montagna per arrampicare, arrampico per andare in montagna , è diverso! Lo dico sempre ai giovani con cui ho il piacere di condividere delle esperienze in parete. La montagna come terreno di avventura, di scoperta, di emozioni, di pace, di contatto con la natura, e soprattutto luogo della mia libertà. Non vado in montagna per fare ginnastica in parete, come purtroppo succede sempre più spesso tra le nuove generazioni di arrampicatori. La cultura arrampicatoria di questi ultimi anni ha fatto si che molti “climbers” siano attenti solo al grado, al passaggio, alla prestazione sportiva, ma poi siano sordi e ciechi delle bellezze che li circondano. Quando si va a ripetere un itinerario è importante sapere chi l’ha aperto, in che anni, conoscere la storia della parete e delle varie vie che la percorrono. Purtroppo e non solo tra i giovani c’è sempre meno cultura alpinistica soprattutto per quel che riguarda la storia dell’alpinismo e dell’arrampicata in montagna. A volte vengo invitato a proiettare delle immagini riguardanti le nostre nuove salite. Prima di queste però presento sempre una breve storia dell’arrampicata in Dolomiti. Non si può far vedere immagini dei nostri giorni senza far conoscere come è iniziata questa attività e come si è evoluta negli anni attraverso alcuni personaggi che ci hanno preceduto e hanno caratterizzato i vari periodi.
4 – Apri con criteri tradizionali: dal basso e con mezzi tradizionali. Ci spieghi il perché di questa scelta oggi un po' controcorrente, in particolare nell’ambiente di media montagna?
Ho la fortuna di aver trovato e coinvolto i compagni giusti nelle varie prime salite. Quando ci troviamo alla base dell’itinerario che abbiamo intenzione di aprire ci consultiamo in quale punto attaccare, cerchiamo di intuire la linea ideale e nei momenti di incertezza ci accordiamo da che parte salire. Di solito partiamo sempre con l’obiettivo di aprire la nuova via con mezzi tradizionali (chiodi e friends).
Se in un tratto della parete non si riesce a passare e il percorso si sta rivelando interessante ci caliamo e quando torniamo usiamo degli spit, ma non è una regola. Per fare un esempio la via Garrincha sul Fratòn In Val Sorapàche. Dalla sosta del quinto tiro di corda il nostro obiettivo era di passare al centro del grande scudo nero nel mezzo della parete. Con i mezzi tradizionali siamo riusciti a salire per una ventina di metri, poi sono riuscito ad avanzare per po’ verso sinistra ma niente da fare, cosi ci siamo calati e con un traverso collegati alla via El duro del Fratòn. Lo scudo è rimasto li, inviolato, sta aspettando che una cordata trasformi questo suo muro di pietra in una parete in grado di trasmettere “emozioni”. Ci sono delle zone dove ci siamo imposti di non usare gli spit in qualsiasi caso, tipo appunto la Val Sorapàche, la Bastionata Ovest del Cengio, il Comprensorio delle Lucche e alcuni altri settori. In alcuni rari itinerari abbiamo usato più spit che chiodi, in quel momento e per vari motivi abbiamo deciso cosi, erano pareti comunque con itinerari dove questo tipo di assicurazione già abbondava. Io penso che in alcune zone dove esistono solo itinerari con chiodatura classica e sulle pareti in zone selvagge sarebbe opportuno non farne uso.
Molto spesso si riesce a sostituire il chiodo tradizionale con le clessidre, (non sono facili da scovare e da ripulire). Le piante in parete, diffuse qui da noi (frassini ,mughi e altro) ci permettono delle protezioni sicure. Dove la roccia sparisce perché invasa dalla vegetazione, i sottili rametti di ginestre e “l’erba cavallina” ci danno la possibilità di salire. C’è da stare attenti però, bisogna valutare e conoscere le varie piante. Faccio un esempio. Stavamo aprendo la via”La pietra di Damocle. Nella parte alta c’era da fare un breve traverso, al suo termine sporgeva un grosso macigno che sembrava appena incollato alla parete. Sotto a questo spuntava una piantina del diametro di un manico di scopa. Chiedo all’amico Erminio perito agrario ed esperto in piante se mi potrà sostenere. Si! Si! stai “tranquillo”! ha anche qualche foglia! Io mi appendo e mi sporgo tutto a sinistra, vedo che il masso dalla parte nascosta è ben infilato dentro una specie di grotta e un po’ più su c’è una bella fessura per un friend. Il tempo di realizzare tutto questo che improvvisamente la piantina si stacca e io mi ritrovo a volare per un po’ a testa in giù per fortuna nel vuoto. Sono risalito, mi sono appeso alla “pietra di Damocle” ho attraversato, inserito il friend e una decina di metri sopra ho attrezzato la sosta. Dunque alle volte attenzione! ci può essere la sorpresa.
Altra cosa che non facciamo è lasciare corde fisse per facilitare successivamente la risalita. Fintanto che non si esce in vetta ogni volta si riparte sempre dalla base e si rifanno i tiri fino a raggiungere il punto massimo arrivati in precedenza; ne approfittiamo cosi per ripulire un pò la via e risistemare se necessario la chiodatura. A noi piace aprire cosi. Questo modo di agire ci da la possibilità di trascorrere una giornata di emozioni e di vivere una piccola avventura. Una volta terminata la via, se il posto e l’itinerario lo permette ci caliamo per un’ulteriore pulizia, ovviamente questo non è sempre possibile. Le vie con numerosi traversi, grandi strapiombi, itinerari che terminano su torri e campanili o posti selvaggi non permettono un’ulteriore perfezionamento. Questo della pulizia è un lavoro improbo: si sta un giorno in parete, è anche un altro modo di viverla e non è sempre semplice, ma ci piace anche questo! si è poi gratificati dal fatto che le vie vengono ripetute con piacere e soddisfazione.
5 – Le tue vie, correggimi se sbaglio, non vanno mai alla ricerca dei passaggi difficili, magari a fianco di possibilità più naturli, ma vincono la parete lungo linee logiche dettate dalla natura. Punto. Quindi un alpinismo classico nel vero senso della parola.
L’idea di un nuovo itinerario di solito nasce facendo escursioni lungo le nostre valli. Molto spesso e soprattutto quando giro da solo mi piace lasciare il sentiero e per esempio seguire la traccia lasciata dai camosci lungo un’esile cengia. Scopriamo cosi degli itinerari inediti che poi puntualmente ogni anno proponiamo come gita CAI. A volte aprendo una via o ripetendone altre, vedo la possibilità di nuove linee, altre volte ci può essere il suggerimento di un compagno. Un aneddoto: qualche anno fa ero con Stelvio compagno di cordata conosciuto da poco e stavamo rientrando dopo aver salito una bella via. Ad un certo punto l’amico mi dice: Tranquillo, la settimana scorsa sono andato in una valle qui vicino e ho visto una bella parete. So che a te piace aprire nuove vie, se vuoi andiamo a darci un’occhiata. Quando vidi la parete rimasi così stupito che il giorno dopo con la moto mi portai sul posto. Trovai un percorso per arrivare alla base della parete e individuai il punto per me più logico per iniziare la via che avevo individuato dal fondovalle. Ridiscesi e risalii sul versante di fronte la parete per fare alcune foto. Alla sera telefonai a Stelvio e lo coinvolsi in questa nuova “avventura”. Il mattino dopo, sul tardi, abbiamo attaccato la via. Eravamo cosi entusiasti che siamo saliti finchè non è venuto buio e per quel giorno abbiamo dovuto lasciare calandoci alla luce delle pile frontali. Abbiamo passato una giornata emozionante su una parete ancora tutta da scoprire, per Stelvio è stata la prima esperienza di apertura di una via e da quel giorno è più interessato ad aprire nuovi itinerari che a ripeterne degli altri.
6 – Le vie che hai aperto sono moltissime: le hai relazionate e pubblicate tutte o solo le più meritevoli? Dopo l’apertura fai sicuramente degli interventi di pulizia e sistemazione, quindi apri anche per il piacere che le vie vengano ripetute con soddisfazione dagli altri. Spiegaci un po'.
Le vie che abbiamo aperto (al momento 112 e solo alcune in solitaria) le ho relazionate (una parte) sulla rivista “Le Piccole Dolomiti”. Al momento circa 85 vie si possono trovare sul sito: Gruppo Rocciatori Renato Casarotto, oppure abbreviato G.R.R.C. Le restanti non le ho fatte pubblicare perché le ho ritenute o poco interessanti, o pericolose con roccia marcia o con troppa vegetazione. Sulle nostre montagne ,le Prealpi Venete Occidentali in questi ultimi decenni la vegetazione sta colonizzando le pareti, soprattutto quelle prive di verticalità. Una gran parte di questi itinerari non relazionati è rimasta chiodata su altri abbiamo lasciato solo pochi chiodi.
7 – Raccontaci la storia/tipo dell’apertura di una via, dalla scoperta della linea, alla preparazione, all’apertura vera e propri, alla sistemazione per i ripetitori.
Quando mi trovo al cospetto di una parete mi viene naturale osservare le varie linee che ritengo logiche e possibili da salire, poi mi informo se ci sono già altri itinerari presenti, chi eventualmente li ha aperti, in che anni e per dove salgono. Se la linea che ci ispira è ancora libera faccio delle foto che poi mi studio a casa con degli ingrandimenti per capire quali sezioni di parete evitare, dove traversare per raggiungere settori con roccia migliore ecc…
una volta deciso il percorso da seguire si parte per una nuova esperienza. Come materiale di solito portiamo: un saccone da recupero, una corda singola da 60m, un cordino in kevlar da 5mm sempre di 60m, (serve per recuperare il saccone e per recuperare la corda singola nelle eventuali calate), numerosi chiodi di varie forme, una serie di friends, forbice da potatura e seghetto a serramanico per farci strada tra eventuali rovi, mughi e vegetazione varia. È importante un martello pesante con una bella becca che serve per ripulire le fessure dove poi mettere i friends, per levare terra ed erba da appigli e appoggi, nelle uscite sulle cenge erbose ecc. Porto sempre un bel marsupio in vita con dentro una decina di chiodi ben assortiti comodi da scegliere.
8 – Indicaci le 5 vie che ritieni più belle, spiegandoci il perché.
Indicare 5 vie su oltre 100 è veramente difficile! Ogni itinerario è legato a una storia e ogni via per me è una piccola opera d’arte.
Bella cosa vuol dire? Bella perché offre un’arrampicata divertente o perchè ha una bella linea, che ha un’anima, o si trova in un ambiente che piace e gratifica e offre delle belle senzazioni ed emozioni, o perché è chiodata bene, o perché è alpinistica e bisogna sapersi proteggere ecc…
Se devo per forza sceglierne 5 ne nomino una per gruppo, possibilmente con delle componenti citate qui sopra. Molte altre non sono meno belle, anzi!...
Pasubio Val Sorapache: El duro del Fratòn (via alpinistica e ambiente solitario).
Pasubio Soglio Rosso: Giù la Testa (via alpinistica e di soddisfazione tra le più lunghe delle Piccole Dolomiti)
Monte Cengio- Bastionata Ovest: Tanto…Tardo? o Transito Consentito. (Vie alpinistiche con roccia solida, bella arrampicata in ambiente solitario)
Sojo dei Corvi: Corvo Grigio non avrai il mio friend. (Bella linea, roccia ottima, arrampicata divertente in ambiente appartato)
Sojo Bostel: Il richiamo di Penna Bianca. (Bella arrampicata su roccia solida, consigliata soprattutto durante i mesi invernali).
9 – Pensi che ci sia ancora spazio per un’attività esplorativa di questo tipo e per linee estetiche e su buona roccia nella zona Piccole Dolomiti/Pasubio e confinanti?
Lo Spazio per un’attività esplorativa sulle nostre montagne se si ha fantasia, desiderio di cimentarsi e voglia di far fatica è ancora vasto. Ci sono pareti ancora vergini, ma per arrivarci bisogna sudare. Riferendomi alla musica, con sole sette note sono stati composti e si comporranno un’infinità di opere e di brani…rock , blues, classica…poi ognuno sceglie quel che più gli aggrada, ci vuole fantasia. In ogni caso dalle nostre parti trovare linee belle esteticamente e su roccia solida è sempre più difficile, bisogna cercare e ci vuole anche un pò di fortuna . Quando inizieranno ad esaurirsi gli spazi di roccia solida suggerisco un’alternativa: dedicarsi alle pareti con roccia friabile; da noi c’è l’imbarazzo della scelta. Saper salire sul friabile richiede ulteriori capacità e una dote che si chiama sensibilità. Immagino vie di questo tipo, con protezioni sicure e dove serve relativamente tenere le micro tacche, ma è fondamentale sapersi muovere leggeri caricando poco, tirando ancora meno e nel verso giusto. Come diceva qualcuno : la fragilità del cristallo non va intesa come difetto , ma al contrario come raffinatezza. Se poi si pensa di salire con la tecnica del Dry-tooling le pareti verticali ricoperte di zolle con erba, dalle nostre parti (Prealpi Venete Occidentali) ce n’è all’infinito.
10 - Progetti per il futuro?
Progetti sempre…vivo più di sogni che di ricordi.