Relazione sulla spedizione “Tien Shan 2016”
Membri: Giovanni Pagnoncelli (CAAI, Gruppo Occidentale)
Marcello Sanguineti (CAAI, Gruppo Occidentale)
Periodo: 4-28 agosto 2016
Gruppo montuoso: Tien Shan Occidentale. Catena: Ala Too. Massiccio: Ala Archa.
Rientrati il 28 dal Kirghizistan, non possiamo che ritenerci soddisfatti della spedizione "Tien Shan
2016" Nonostante un meteo che ha messo a dura prova la nostra determinazione, “portiamo a casa”
tre vie nuove, aperte in stile rigorosamente trad (nessun uso di spit, né con trapano né a mano), nel
massiccio di Ala Archa (catena di Ala Too, Tien Shan Occidentale). Due di queste sono su vette che
erano ancora senza nome.
Ringraziamo il CAAI per il patrocinio e il supporto concessi, visto il carattere esplorativo della nostra
piccola spedizione.
Cronologia
Giovedì 4 agosto. Partenza dall’Italia.
Venerdì 5. Arrivo a Bishkek e trasferimento in hotel.
Sabato 6. Ultimi preparativi a Bishkek e organizzazione dei portatori.
Domenica 7. Trasferimento da Bishkek ad Ala Archa.
Lunedì 8. Trekking da Ala Archa al Campo Base (CB; circa 3400 m)
Martedì 9. Apertura della via “Crêuza de Mä” (550 m, 6a+) sulla parete ovest del Baichechekey Peak
(4515 m), lungo una linea che avevamo individuato in Italia studiando la documentazione in nostro
possesso. Discesa a piedi lungo la via normale. Si tratta dell’unica giornata di tempo buono dalla
mattina alla sera incontrata durante la spedizione (si veda la sezione “Note”).
Mercoledì 10. Riposo.
Giovedì 11. Esplorazione visiva delle pareti sull’Uchitel Glacier, con raccolta di documentazione
fotografica generale e di dettaglio (teleobbiettivo). Individuazione di una linea su una vetta senza
nome lungo la linea di cresta Ratzek Peak (3980 m) - Korona Peak (4840 m), vetta da noi battezzata
“Chiavari Peak” (4145 m). Apertura dei primi tre tiri. Discesa in doppia su calate da noi attrezzate.
Materiale lasciato sotto un masso sull’Uchitel Glacier e ritirata col maltempo al CB.
Venerdì 12. Maltempo (pioggia al CB e neve in alto). Attesa al CB.
Sabato 13. Risalita al termine del terzo tiro della via sul Chiavari Peak e termine della via. Maltempo
con neve sugli ultimi due tiri. Discesa in doppia su calate da noi attrezzate sulla via e rientro con
neve e pioggia al CB. La linea è esteticissima, ma si svolge su roccia caratterizzata da lunghi tratti
instabili e di difficile protezione. Questo ha suggerito il nome “Roulette Kirghiza” (330 m, 6c/A1).
Domenica 14. Maltempo (pioggia e grandine al CB, neve in alto). Attesa al CB. Studio con
teleobiettivo delle pareti fra Uchitel Peak (4527 m) e Baichechekey Peak (4515 m). Individuazione
di una linea di salita sulla I Torre (4020 m) del Pilastro Uchitel, con partenza su una candela stile
satelliti del Monte Bianco e continuazione in cresta.
Lunedì 15. Spostamento del materiale con creazione di due depositi: uno sull’Uchitel Glacier (D1),
ai piedi dei pilastri ovest del Semionova Tien-Shanskogo Peak (4895 m), l’altro (D2) sotto il Pilastro
Uchitel. Ulteriore esplorazione visiva delle pareti sull’Uchitel Glacier, con raccolta di
documentazione fotografica generale e di dettaglio (teleobbiettivo).
Martedì 16. Spostamento del materiale da D1 ai piedi del Pilastro Uchitel.
Mercoledì 17. Maltempo, con neve fino alla quota del CB. Preparazione di alcuni cunei di legno, per
sopperire alla mancanza di friend oltre il Camalot #5, in previsione dell’utilizzo su una fessura molto
larga nella prima parte della salita alla I Torre del Pilastro Uchitel, evidenziata dallo studio delle foto
con il teleobiettivo.
Giovedì 18. Salita dei primi tre tiri sul Pilastro Uchitel, lungo una struttura da noi battezzata
“Chandelle dell’Uchitel”, visti la forma, la verticalità e lo stupendo granito fessurato. Due cunei di
legno si rivelano utili nella fessura fuori misura del terzo tiro. Discesa su doppie da noi attrezzate.
Lasciamo le corde sui tre tiri, per la successiva risalita in jumar e il completamento della via.
Venerdì 19. Le nevicate ci costringono a rivedere i nostri piani, abbandonando il progetto di una
salita sui pilastri ovest del Semionova Tien-Shanskogo Peak. Risaliamo quindi al deposito D1, ai piedi
del Semionova Tien-Shanskogo Peak, e spostiamo tutto il materiale al D2, sotto il Pilastro Uchitel.
Questo anche in funzione del fatto che la via iniziata il giorno precedente sulla Chandelle dell’Uchitel
ci sembra più complessa di quanto previsto e abbiamo bisogno di ulteriori friend e nut.
Sabato 20. Esplorazione visiva delle pareti sulla prima parte dell’Ak-Say Glacier, con raccolta di
documentazione fotografica generale e di dettaglio (teleobbiettivo). Dalle 11 fino al primo
pomeriggio maltempo, poi il sole asciuga le pareti. Per l’indomani si prospetta quindi la possibilità
di terminare la via sul Pilastro Uchitel, esposta a ovest.
Domenica 21. Risalta con le jumar delle fisse lasciate sulla Chandelle dell’Uchitel e apertura di altri
sette tiri, fino alla Prima Torre del Pialstro Uchitel, da noi battezzata “Tower Gymnica 2000”. Neve
durante gli ultimi tiri e durante la discesa. Calate su doppie da noi attrezzate nel canale fra Pilastro
Uchitel e Baichechekey Peak. Visto che la nostra permanenza al CB le previsioni ricevute via sms
satellitare venivano regolarmente inattese e l’unica cosa da fare per avere un’idea del tempo era
“guardare fuori dalla tenda”, abbiamo battezzato la via www.lookoutofthetent.com (360m, 6c/A0).
Lunedì 22. Maltempo. Attesa al CB. La sera nevica significativamente anche alla quota del CB.
Martedì 23. Al nostro risveglio, ci rendiamo conto che la neve caduta e le temperature sensibilmente
diminuite non ci consentirebbero realisticamente di portare a termine un altro obiettivo nei tre
giorni rimanenti – visto il tempo necessario a pulire le pareti. Questo anche tenendo conto del fatto
che avevamo considerato la possibilità di aprire una quarta via ancora su una parete ovest: tale
esposizione richiede tempo per liberarsi della neve caduta e asciugare (come riportato nelle “Note”,
abbiamo riscontrato che la roccia migliore si trova sulle pareti ovest). A ulteriore supporto della
nostra decisione, nella mattinata riprendono le precipitazioni anche alla quota del CB. Decidiamo
quindi di anticipare il rientro a Bishkek. Scendiamo con due portatori e lasciamo il resto del materiale
al CB.
Mercoledì 24. Invio di tre portatori al CB per portare a valle il materiale rimanente.
Giovedì 25 – Venerdì 26. Viaggio nella steppa e visita delle yurte dei nomadi.
Sabato 27. Giornata trascorsa a Bishkek, con visita del bazar.
Domenica 28. Rientro in Italia.
Riassunto dell’attività alpinistica ed esplorativa
- Esplorazione visiva delle pareti rocciose lungo l’Uchitel Glacier e l’Ak-Say Glacier, con
raccolta di documentazione fotografica generale e di dettaglio (teleobbiettivo).
- Apertura della via “Crêuza de Mä“ sulla parete ovest del Baichechekey Peak (4515 m): 550m,
6a+. Discesa a piedi sulla via normale. La via segue dapprima un sistema di fessure di mano,
poi diedri accennati, quindi una cresta.
- Apertura della via “Roulette Kirghiza”, per ora unica via esistente sulla parete est della punta
da noi battezzata “Chiavari Peak” (4145 m): 330m, 6c/A1. Abbiamo attrezzato la linea di
doppie sulla via. La linea segue dapprima una “splitting crack”, poi un diedro, quindi un
sistema di risalti porta alla base dei tiri in un imponente diedro in parete strapiombante, che
termina in una grotta. Aggirando quest’ultima, lungo una rampa/diedro si arriva in vetta.
Linea esteticissima, ma purtroppo su roccia caratterizzata da lunghi tratti instabili e di difficile
protezione.
- Apertura della via “www.lookoutofthetent.com”, sulla Prima Torre (4020 m) del Pilastro
Uchitel, da noi battezzata “Tower Gymnica 2000”: 360 m, 6c/A0. Abbiamo attrezzato la linea
di doppie sul canale fra Pilastro Uchitel e Baichechekey Peak. La via si sviluppa dapprima sulla
struttura da noi chiamata “Chandelle dell’Uchitel”, per la sua similitudini con alcune
strutture rocciose del M. Bianco, con tiri in fessura (mano, poi mano-pugno, poi fuori misura.
Una curiosità. Dopo che Pagno aveva individuato una stupenda linea di fessure sulla cresta
del Pilastro dell'Uchitel, ci siamo resi conto che uno dei tiri avrebbe richiesto di scalare una
off-width da proteggere con Camalot #6 e oltre, tipo Big Bro e Gipsy. Purtroppo, non
avevamo nulla del genere: la nostra dotazione arrivava fino al Camalot #5. Combinando
l'ingegno ossolano e quello ligure, abbiamo optato per "la soluzione degli antichi": abbiamo
fabbricato alcuni cunei di legno, da usare come protezioni nell'off-width. La via continua poi
in cresta, superando i tratti più verticali lungo fessure e camini.
Note
Osservazioni generali
Le nostre aspettative su questo luogo erano diverse da quanto riscontrato,
per vari motivi. Da un lato, sapevamo di trovarci in un gruppo montuoso requentato da local e da
Russi (dove “frequentato” è da intendersi rispetto alla limitatissima frequentazione di altre
montagne del Kirghizistan…), grazie alla relativa vicinanza alla capitale Bishkek. In particolare,
eravamo a conoscenza dell’attività alpinistica russa su misto in Ala Archa. Anche tenuto conto del
periodo (agosto), avevamo immaginato la presenza di altri alpinisti impegnati su roccia. In realtà,
quest’area si è rivelata meta estiva quasi solamente per turisti che vogliano salire in giornata ad
ammirare un ghiacciaio, escursionisti che vogliano raggiungere facilmente i 4000 metri dell’Uchitel
Peak (4527 m) e alpinisti classici attirati da vie normali su cime glaciali. Eccetto due sole cordate
incontrate su quella che, probabilmente, è la via di roccia “più frequentata” (come sopra, il termine
“frequentata” è da prendere con le pinze) del gruppo (Schwaba, sul Baichechekey Peak), durante la
permanenza non abbiamo incontrato persone con obiettivi alpinistici degni di tale nome: neppure
ripetizioni, figuriamoci apertura di vie. Per questo motivo, l’approccio alpinistico si è fatto più
impegnativo rispetto a quanto ci saremmo aspettati e ci siamo sempre mossi in totale isolamento.
Inoltre, le condizioni meteorologiche ci hanno obbligati a un logorante “gioco di strategia”, per
cercare di aggirare il brutto tempo e ottimizzare la scelta dei momenti. Questo ad eccezione della
prima salita, in cui abbiamo incontrato bel tempo tutto il giorno, senza sapere che sarebbe stata un
unicum durante la nostra spedizione. Ci è poi risultato chiaro perché l’indomani un local ci disse più
o meno queste parole: <<sono sedici anni che visito questo massiccio e non ho mai visto prima una
giornata bella e stabile come ieri!>>… Da allora in poi, i pomeriggi di ogni giorno della nostra
permanenza erano caratterizzati da qualche ora di precipitazioni (pioggia e/o grandine e/o neve),
che iniziavano in un orario compreso fra le 12 e le 16.
Meteo
I siti meteo che ci sono stati segnalati dai local come più significativi per la zona si sono
rivelati estremamente inaffidabili, con previsioni spesso in esplicito contrasto con quanto accadeva,
anche nell’arco delle 24 ore. Ciò ha reso la pianificazione delle salite praticamente impossibile, e
costringendoci più volte a scalare con pioggia e/o grandine e/o neve. Durante tutto il periodo
abbiamo sperimentato solo una giornata di bello dalla mattina alla sera. Il pattern meteo tipico è
stato questo: bello la mattina, pioggia/neve a partire da un orario compreso fra le 12 e le 16,
cessazione dei fenomeni dopo due o tre ore, ma con alternanza di nubi e foschia. Questo ci ha
costretti, ad esempio, ad attendere alcuni giorni per completare la via sul Pilastro dell’Uchitel,
esposto a ovest, che continuava a innevarsi il pomeriggio e a non asciugare in tempo per la mattina
successiva, seguita da una nuova perturbazione pomeridiana. Tale andamento meteorologico ci ha
indotti a rinunciare ai tentativi di apertura di una linea sui pilastri ovest del Semionova Tien-
Shanskogo Peak, continuamente “sporchi” a causa delle continue nevicate.
Va anche ricordato che, a detta dei local, l’estate 2016 è stata caratterizzata da maltempo e copiose
nevicate in molte zone del Tien Shan.
Roccia
Granito. Su alcune pareti, principalmente quelle esposte a ovest, di ottima qualità (stile
satelliti del Monte Bianco). Su altre, tipicamente quelle a est, caratterizzato da strutture instabili.
Stile di apertura trad. Abbiamo aperto le vie utilizzando solo protezioni veloci (friend e nut) e chiodi.
Nessun uso di spit, né con trapano né a mano.
Materiale utilizzato
Chiodi di vario tipo; 3 serie di friend fino al #3; due friend #4; un friend #5; 1
serie e mezza di micro-friend; cunei di legno (“corrispondenti” a #6 e “ipotetico” #7); 1 serie di nut;
1 serie di micro-nut; 1 serie di offset nut; 1 serie di offset micro-nut; due mezze corde (ne avevamo
due coppie); 60 metri di cordino di kevlar di diametro 6 millimetri, usato come corda di servizio
(recupero sacco e/o emergenza per calate), vista la situazione di “isolamento alpinistico”; 4 jumar.
Altre possibilità di apertura
Per quanto riguarda la roccia pura, a valle della nostra esplorazione
delle pareti riteniamo che vi siano altre interessanti possibilità di apertura, far le quali evidenziamo
le seguenti.
- Cresta ovest integrale del Pilastro dell’Uchitel, di cui la nostra via
www.lookoutofthetent.com percorre la prima parte.
- Un evidente ed estetico pilastro sul versante nord della cresta di cui sopra (ben visibile dal
CB).
- Parete ovest del Baichechekey Peak: è molto estesa e vi sono attualmente poche vie su
roccia, di cui una è la nostra, ma se possono aprire altre, su ottimo granito.
- Pilastri sud dello Skriabina Peak (4753 m).
- Pilastri ovest del Semionova Tien-Shanskogo Peak (4895 m); sono attualmente relazionate
solo tre vie e vi è spazio per altre.
- Spigolo ovest del punto quotato 4692 m sulla cresta che collega il Korona Peak al Semionova
Tien-Shanskogo Peak.
Va inoltre ricordato che il massiccio si presta moltissimo all’attività su misto, ovviamente in altri
mesi dell’anno. Dalla documentazione in nostro possesso e dagli scambi di opinioni con i local,
ci risulta che siano numerose le linee su misto aperte, nella stragrande maggioranza dei casi da
alpinisti russi (o comunque dell’ex-URSS). Questo non stupisce, visto che gli alpinisti sovietici
sono sempre stati molto attivi particolarmente su misto. Ciò non significa che non vi siano
possibilità di apertura su misto, ma su queste siamo meno documentati in quanto i nostri
obbiettivi erano su roccia pura.
Bibliografia
Abbiamo reperito informazioni da:
- articoli pubblicati sull’AAJ (American Alpine Journal), alcuni dei quali segnalatici dal CISDAE;
- alcune foto forniteci dall’Ak-Sai Agency di Bishkek;
- siti web russi;
- Kyrgyz Alpine Club.
Cartografia
- Carta 1:50.000 Kyrgyzstan – A Climber’s Map and Guide dell’American Alpine Club.
- Carta molto approssimativa del Kyrgyz Alpine Club.
Documentazione fotografica. La corposa documentazione fotografica è a disposizione di chi ne
faccia richiesta.
Le informazioni sull’attività alpinistica portata a termine saranno rese
disponibili all’American Alpine Journal, al Kyrghiz Alpine Club e all'Annuario CAAI, che ha patrocinato la spedizione.
Nel mese di settembre 2016 il socio Carlo Barbolini, aiutato da Claudia Baldini, Brenno Diegoli e Omar Scarpellini, ha effettuato lavori di manutenzione straordinaria al Bivacco Hess.
Il bivacco, che sorge arroccato come un nido d'aquila nei pressi del Col de l'Estellette in alta Val Veny, venne ideato e posizionato da Adolfo Hess, uno dei soci fondatori del CAAI, nel 1925. Nonostante l'età, si presenta oggi ancora adeguato ad offrire spartana ospitalità con 4 materassini a cellule chiuse e 8 coperte.
Lavori effettuati:
> montaggio chiusura della porta est/int
> montaggio "incontro" del paletto di chiusura
> asporto delle due finestre esterne deteriorate
> montaggio lamiere alluminio preverniciato davanti e dietro al posto delle finestre deteriorate
> rifacimento massicciata angolo ant sx vista frontale
> montaggio tubo areazione preassemblato con tappi lamiera forata per impedire ingresso animali e staffa di fissaggio
> rimessi fissaggi mancanti delle lamiere di contorno con rivetti a strappo
> pulizia del bivacco e asporto della nettezza presente dentro e fuori
> Montaggio tettino sopra alla porta in alluminio preverniciato
> Sigillatura mediante sikaflex del tubo di areazione, della lamiera di alluminio e di altre parti soggette ad infiltrazione acqua
> lasciata scopa e libro nuovo del bivacco
Nel mese di settembre 2016 il socio Carlo Barbolini, assieme a Claudia, Brenno e Bergen, è salito al bivacco (a piedi) con l'attrezzatura completa ed il materiale predisposto per le riparazioni che erano state programmate.
E' stata sistemata la porta con lo smontaggio dei vecchi cardini e il montaggio dei nuovi. Sistemata anche la chiusura che risultava molto
allentata. Effettuati anche piccoli interventi ordinari (riparazione rete, pulizia del bivacco).
E' stato sostituito il vecchio libro con uno nuovo e sono state prese accuratamente le coordinate gps del bivacco.
Il 16-17 luglio 2016 Marco Bagliani, Pierluigi Maschietto e Giovanni Pagnoncelli (CAAI Gruppo Occidentale), Edoardo Polo e Marcello Sanguineti (CAAI Gruppo Occidentale) hanno aperto sul Pizzo d’Andolla la via “Lorenzo Marani”.
Parete E, 600m, max 6b+/6c.
Materiale: 1 serie di C3, 1 serie di C4 fino al #4, nuts.
La via si snoda per circa 600 metri di sviluppo; la seconda parte si svolge su una stupenda struttura, battezzata “Pilastro Rosso d’Andolla”. Undici tiri aperti in stile trad (friend, nut e un paio di chiodi), usando spit solo per le soste (tranne due, attrezzate con cordini su spuntone o clessidra). In discesa sono stati piazzati tre spit sulle placche, per facilitare la vita ai ripetitori.
Il resoconto della salita nel file allegato sopra.
La Sezione Sat di Cavalese e la Biblioteca comunale propongono per l’estate 2016 una serie di incontri con alpinisti ed interpreti dell’alpinismo trentino e nazionale ; inziativa che vuole anche essere lo spunto per una conoscenza dell’alpinismo e della montagna più consapevole e meno superficiale
Giovedì 14 luglio – sala conferenze biblioteca, ore 21.00
Presentazione del volume "Dolomiti Trentine Orientali" terzo volume dell’opera editoriale "…per sentieri e luoghi. Sui monti del Trentino"
Giovedì 21 luglio – Palafiemme , ore 21.00
"La montagna dentro" Incontro con Hervè Barmasse
Giovedì 28 luglio – sala conferenze biblioteca – ore 21.00
Sergio Valentini : da Canazei all’Everest
Giovedì’ 4 agosto – sala conferenze biblioteca – ore 21
Aldo Leviti: un alpinista a 360° gradi
Giovedì 18 agosto – sala conferenze biblioteca , ore 21.00
Marco Furlani (CAAI). Ampio respiro: la vita in salita di un alpinista trentino
Giovedì 25 agosto – sala conferenze biblioteca, ore 21.00
"Oltre la vetta" di Dante Colli .Vita di Gabriele Boccalatte e Ninì Pietrasanta
Ettore Castiglioni:
le imprese e la vita di una grande uomo e alpinista; a cura di Sandro Depaoli (CAAI)
"Quando desideravo salire una montagna, mi preparavo per quell’avventura e non sono mai stato sconfitto. Ho sempre avuto le soddisfazioni che cercavo perché mi preparavo adeguatamente per il mio obiettivo"
da un'intervista a Planet Mountain nel 2001
Tizzoni, Cassin, Esposito
Sul traverso della Nord della Cima Ovest di Lavaredo
"L'alpinismo è una educazione fisica e morale, è una grande scuola di vita"
R
In queste semplici parole Carlesso sintetizzava la sua austera visione dell'alpinismo.
Venne nominato Accademico nel 1931
Le vie più rinomate aperte dall'Accademico di Rovigo:
Via Soldà-Carlesso- Punta Sibele - 1933 - nuova via diretta da est con M.L. Orsini, 300 m, VII-
Camino est - Soglio d'Uderle - 4 giugno 1933 - prima salita della parete est per il gran camino con T. Casetta e A. Colbertaldo, 250 m, VI-
Via Carlesso-Menti -Sengio della Sisilla - 1933 - salita dello spigolo sud-est con M. Menti, 120 m, VI+ e A1
Diretta Carlesso -Soglio Rosso - 16 luglio 1933 - via diretta alla parete sud con T. Casetta, 300 m, VI
Via Carlesso-Sandri -Torre Trieste - 7 e 8 agosto 1934 - prima via da sud con B. Sandri, 700 m, fino a VIII-
Carlesso-Casetta -Baffelan - 1935 - via diretta alla parete est a destra dei grandi tetti con T. Casetta, 250 m, V+
Via Carlesso-Menti -Torre di Valgrande - 1936 - prima salita da nord-ovest con M. Menti, 500 m, VI e A2
Via Carlesso -Campanile di Val Montanaia - 1961 - salita della fessura est, 120 m, VI+
Torre Trieste Via Carlesso alla Parete Sud.
Una ripetizione degli anni '80 (Foto A. Rampini)
Entrato nell’Accademico nel 1957, fu uno dei protagonisti della seconda fase dell’epoca del sesto grado.
…una cosa che dovrebbe venire prima di tutto e sopra tutto è il recupero sempre più significativo dei grandi valori che sono stati alla base della nascita del CAI: la valorizzazione e condivisione dell’esperienza alpinistica ed esplorativa, il rispetto dei valori tradizionali dell’alpinismo e di una frequentazione della montagna compatibile con la sua conservazione come bene di tutti, cittadini e montanari di oggi e di domani...
..auspicabile una presa di posizione chiara e decisa sull’elisky ed elibike, sulle pratiche alpinistiche con corrette, su certe forme di sfruttamento e spettacolarizzazione della montagna che urtano la coscienza di chi ha nel cuore il bello e il giusto...
Questi i passi fondamentali del discorso del Presidente Generale del CAAI Alberto Rampini all’Assemblea dei Delegati di Saint Vincent/AO il 22 maggio 2016.
Leggi l’intervento allegato.
Assemblea dei Delegati 2016 in prima fila Vincenzo Torti e Paolo Valoti
L’Assemblea dei Delegati del CAI, organo deliberante supremo del sodalizio, al termine di un serrato testa a testa tra i due candidati alla carica di Presidente Generale del CAI Vincenzo Torti e Paolo Valoti, ha decretato la vittoria di misura per l’avv. Torti, che sarà Presidente Generale per il prossimo triennio.
A lui e a Paolo Valoti, nel ruolo proprio di ognuno, l’augurio del CAAI per un proficuo lavoro.
Elio Orlandi rigrazia l'Assemblea
L’Assemblea dei Delegati ha anche nominato SOCIO ONORARIO del CAI l’alpinista trentino ELIO ORLANDI. L’appassionata “laudatio” di presentazione, scritta dal collega accademico ARMANDO ASTE, è stata letta dal past president Roberto Demartin.
Ad Elio Orlandi, che ha sempre praticato un alpinismo di avventura e di scoperta di carattere accademico, il vivo compiacimento del CAAI.
Elio Orlando accompagnato dagli amici trentini Mariano Frizzera e Carlo Claus
IL CAAI VISTO DA SPIRO DALLA PORTA XIDIAS
Il CAAI è l’elemento più importante del CAI
di Spiro Dalla Porta Xidias
Relazione al Convegno Nazionale del CAAI (Caprino Veronese, 11 ottobre 2014)
Da quando vado in montagna e vivo per la montagna, il momento più bello, e vi prego di notare che ho iniziato nel 1942, è stato quando sono diventato Accademico.
Per me l’Accademico è l’ideale dell’uomo che va in montagna quindi, contrariamente a quanto ha detto nell’introduzione il presidente del Gruppo Orientale del CAAI, con cui mi scuso, non mi piace il fatto che il mio amico Umberto Martini, presidente generale del CAI, sia andato da una altra parte e non sia venuto qui, perché ad un certo momento io credo che gli anziani come me trovino poco confacente la poca attenzione che il CAI sta riservando all’Accademico.
Sono stato a Grado per assistere e gioire della premiazione della cordata che ha vinto il premio Consiglio, ma il giorno successivo, durante l’Assemblea dei Delegati, non vi è stato alcun momento in cui si parlasse di alpinismo, solo problemi e questioni cartacee.
In un’altra riunione dissi che temo che al posto del CAI arriveremo al CBI (Club Burocratico Italiano).
Spiro interviene al Convegno Nazionale CAAI di Caprino Veronese. Alla sua destra Del Zotto e Gogna (ph A. Rampini)
E’ ora che il Consiglio Generale del CAI rilegga l’articolo 1 dello statuto, che recita (NdR):
Art. 1 – Costituzione e finalità 1) Il Club alpino italiano (CAI), fondato in Torino nell’anno 1863 per iniziativa di Quintino Sella, libera associazione nazionale, ha per iscopo l’alpinismo in ogni sua manifestazione, la conoscenza e lo studio delle montagne, specialmente di quelle italiane, e la difesa del loro ambiente naturale.
Detto questo, per parlare della “libertà” nel mio intervento ho messo in primo piano conoscenza ed etica, perché per essere liberi, non a parole ma internamente, bisogna sapere, conoscere che cosa è l’uomo, chi è l’uomo.
Lo ha detto Platone, l’uomo è fatto di spirito e corpo. Questa nostra civiltà dà importanza solo al corpo, invece è lo spirito che conta e contemporaneamente in ogni uomo c’è un senso di innata elevazione.
L’ho sempre detto: in tutte le religioni e in tutte le tradizioni, la sede dell’aldilà (o il paradiso per chi è credente) si sono sempre collocati in cielo. L’uomo nasce con questo sentimento di elevazione.
Il bambino messo da solo in una prateria dove c’è un masso erratico non avrà pace fintanto che non l’avrà salito.
Allora parliamo di libertà, la parola è grande ma la libertà equivale, in questo mondo in cui si tende a rendere l’uomo simile ai robot, al senso che ognuno di noi trova andando in montagna, perché quando andiamo su di essa ci liberiamo assolutamente di quelli che sono i coinvolgimenti della vita normale.
Cominciamo non solo a guardare ma impariamo a vedere con occhio diverso la bellezza, ad ammirare la natura e valutare l’altezza del monte come un simbolo, non solo come una meta di arrampicata o escursionistica; ma è senso di libertà questa scelta che noi facciamo (che non è logica)? Quando arriviamo in cima a un monte viene da chiedersi “cosa abbiamo guadagnato?”.
Ovviamente niente di materiale, niente soldi se si esclude una piccola parte di professionisti sui quali si potrebbe dibattere se siano alpinisti o atleti.
Neanche fama, perché anche un calciatore, con rispetto parlando, della serie C è più importante di un grande alpinista.
Però con l’ascesa ti sei liberato, quindi hai avuto il senso di fare cose, che non esiste più in questo mondo: seguire un tuo ideale “gratuitamente”.
Parola magica che troviamo proprio nell’andare in montagna.
L’Accademico, oltre all’ascesa, cerca la difficoltà, l’esplorazione. Questa voglia conoscitiva è la cosa più bella, si è detto che l’esplorazione della terra è finita con i grandi navigatori del ‘400 e ‘500: ebbene NON E’ VERO (molto veemente, NdR), perché l’alpinismo ha sostituito l’orizzontale con la verticale.
Ha sostituito quindi una zona più breve e più piccola ma che direttamente punta a quell’alto che è nato con noi.
Libertà è la scelta di fare un’azione; malgrado tutto, anche andando per sentieri, affrontando rischi e pericoli gratuitamente, perché può cambiare il tempo, e già questo è sufficiente in montagna. Ma ognuno di noi la affronta per l’ideale, per la gratuità; in più l’Accademico la affronta scalando, affrontando rischi maggiori; avete sentito il ricordo di questi nostri fratelli che non sono più con noi, ero amico per esempio di Giancarlo Biasin (tono commosso, NdR).
Questo sta a indicare una scelta etica. Tu segui un ideale e questa è la libertà che la civiltà attuale non ci dà.
Due anni fa il nostro Presidente Generale del CAI voleva convincerci che occorre eliminare il rischio perché la società non ammette più il pericolo: ma per me il “rischio” è poesia.
Se noi si andasse in montagna raggiungendo la sommità per una scala, ciò non avrebbe senso e valore, il senso è invece volere ridiventare liberi con la libertà di scelta, preferendo andare per la via più difficile, che però è la via che ci fa sentire noi stessi.
È stato detto che l’escursionista vede maggiormente la bellezza della natura mentre l’alpinistanon sempre può, perché la sua concentrazione è rivolta all’”innalzamento”.
Ma c’è una cosa che Voi tutti avete provato e cioè che quando si scala si fa parte della natura e della parete: si entra in lei. Si È la montagna! E sempre in essa si ritrova la parte più bella dell’essere umano che è stata troppo spesso dimenticata: la Libertà”.
Quindi oggi come oggi, io penso che l’Accademico rappresenti il senso che deve avere il CAI.
Se il CAI non condivide queste ideologie le dobbiamo rivendicare noi, con queste importantissime adunate, perché gli Accademici volenti o nolenti dicano che siamo QUELLI che, come Preuss era stato chiamato proprio così, “il cavaliere dell’ideale”, siamo quelli che hanno gli ideali, perché solo chi ha un ideale è veramente libero e oltre che scalatore è anche artista e poeta.
L’Accademico è l’elemento più importante che esista nel Club Alpino Italiano.
Spiro Dalla Porta Xidias è nato a Losanna il 21 febbraio 1917 e vive a Trieste.
E’ stato sceneggiatore e alpinista e ha scritto circa 40 libri dedicati alla montagna e ai suoi protagonisti.
Traduttore di molti dei libri classici dell’alpinismo, come le opere di Pierre Mazeaud, Lionel Terray, Anderl Heckmair, Kurt Diemberger, Tony Hiebeler e Helmut Dumler.
Ha vinto 5 premi internazionali di letteratura. E’ stato direttore editoriale di Alpinismo Triestino e ha collaborato molti anni con Il Piccolo, Il Messaggero Veneto, Il Gazzettino e altre testate di alpinismo.
Socio Accademico del Club Alpino Italiano, in montagna ha effettuato 107 vie nuove su monti in Italia, Grecia, Montenegro e Norvegia. Ha fondato la stazione di soccorso alpino a Trieste, Maniago e Pordenone.
Per meriti riconducibili al soccorso alpino ha ricevuto il conferimento dell’Ordine del Cardo. I suoi incarichi lo hanno visto Presidente dell’Accademico Orientale, Consigliere Centrale del CAI e, infine, attualmente, Presidente del Gism, Gruppo Italiano Scrittori di Montagna.
Si ringrazia banff.it per l’autorizzazione a riportare la relazione