CONVEGNO NAZIONALE CLUB ALPINO ACCADEMICO ITALIANO
Sabato 8 Novembre 2025
Gressan (Aosta) – Sala Polifunzionale, fraz. Taxel n. 26
Il Monte Bianco è un edificio geologico progettato dal vento, dalla pioggia e dal gelo. La cima assomiglia a un pan di zucchero, ma le colonne dell’edificio sono vertiginose candele di granito rosso, inciso da fessure e diedri, i pilastri della cattedrale. Tra i pilastri scendono i ghiacciai, ed è lì che sono saliti i primi alpinisti. Poi, con la voglia di esplorare, si è cominciato a guardare alle creste, agli speroni e alle guglie di protogino, tra le più belle delle Alpi. Alla fine, gli scalatori hanno percorso anche i pilastri, che erano sogni grandi e proibiti e ancora oggi sono un terreno d’avventura.
Dopo la fase pionieristica, l’epoca d’oro delle guide e il periodo tra le due guerre mondiali, caratterizzato dalle grandi sfide vissute come conquiste, spesso con toni epici e narrazione farcita di eroismo (negli anni 30 basta menzionare la corsa alle Nord delle Grandes Jorasses, che coinvolse fuoriclasse come Charlet, Meier, Peters, Gervasutti, Cassin e si estese ad altre guglie di granito come l’Aiguille Noire e i Drus), quindi nel secondo dopoguerra sembra che l’evoluzione sul Monte Bianco sia appannaggio di due protagonisti: Walter Bonatti e il suo alter ego francese René Desmaison.
È il grande alpinismo d’avventura, che fa sognare e segna un’intera generazione.
Quando nel 1965 Bonatti saluta l’alpinismo, a qualcuno sembra che sul Monte Bianco resti ben poco da fare. Non è così perché, mentre lo stesso Bonatti era ancora in attività, era già arrivata la new wave americana, e scalatori come Robbins, Hemming, Frost e Harlin avevano aperto vie futuristiche come la diretta al Petit Dru e la parete sud del Fou. E tante altre volte si è ripartiti, con le nuove tecniche di ghiaccio, gli spit in alta quota e l’arrampicata libera di altissima difficoltà.
La storia è un continuo intercalare di acquisizioni e rilanci: quando sembra che tutto sia compiuto, arriva uno sguardo nuovo e si riparte. Il Monte Bianco è sempre stato, e forse ancora sarà, un magnifico laboratorio in cui sperimentare le nuove forme di alpinismo, guardando le pareti con occhi diversi.
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Il Petit Dru - Ph A. Rampini Preludio di Pietro Crivellaro
LE ORIGINI DELL’ALPINISMO SUL MONTE BIANCO: NUOVI SPUNTI PER UNA CONTROSTORIA
Alpinista, storico e scrittore italiano, tra i maggiori studiosi della storia dell’alpinismo, con particolare attenzione ai suoi risvolti culturali, sociali e letterari. A lui spetterà il compito di introdurci nel tema del convegno, accompagnandoci alla scoperta dell’universo Monte Bianco e tratteggiando le tappe della frequentazione di questo gruppo montuoso, a partire da quei primi esploratori (naturalisti, topografi, militari, chasseurs de chamois e carabiniers paysans valdostani) le cui vicende rappresentano un capitolo di storia o, meglio, di controstoria dell’alpinismo, in gran parte ancora da scrivere e indagare.
A seguire, condotti da Enrico Camanni e Alessandro Gogna, gli interventi dei relatori, tutti protagonisti che hanno vissuto o tutt’ora vivono l’alpinismo nell’area del Monte Bianco:
Aiguille Blanche de Peuterey - Ph A. Rampini
Ugo Manera
IL MIO ALPINISMO DI RICERCA
Un protagonista seriale della ricerca. Nel suo curriculum non ci sono il Pilone Centrale o la Nord delle Jorasses; il suo interesse, che potremmo forse definire una “ricerca del dettaglio”, è indirizzato a quelle che potrebbero essere considerate cime “minori”, ma che offrono ancora un terreno d’esplorazione e quindi d’avventura senza ricalcare il cliché già visto negli anni precedenti. Una ricerca con una connotazione prevalentemente di tipo classico, ma più “ludico” che drammatico, con una predilezione per la scalata su roccia.
Patrick Gabarrou
LE NUOVE FRONTIERE DEL GHIACCIO
Se in roccia la ricerca si apre a linee inesplorate, sul ghiaccio la nuova ricerca è ancora più evidente. Dopo la storica salita di Cecchinel e Jager al couloir nord dei Drus nel 1973, sono i francesi a importare e applicare sul Monte Bianco la tecnica detta piolet-traction. Jean-Marc Boivin e Patrick Gabarrou si impongono come gli interpreti più brillanti e fantasiosi, frantumando i limiti della scalata su ghiaccio. Scalando il Supercouloir del Mont Blanc du Tacul nel 1975, dimostrano che si può davvero sperimentare un nuovo alpinismo. Poi l’attività di Patrick, il Gab nazionale dei nostri cugini transalpini, pare per decenni non conoscere limiti di intuito e produzione.
Dente del Gigante e Cresta di Rochefort - Ph A. Rampini
Marco Bernardi
LA CERNIERA DEGLI ANNI 80
Alla fine degli anni Settanta la preparazione sportiva dei protagonisti rivoluziona le prestazioni. I giovani, respingendo i tabù della tradizione, si trovano a traghettare il passato nel futuro. Dopo gli americani degli anni Sessanta e Alessandro Gogna in solitaria sullo Sperone Walker nel 1968, negli anni Settanta salgono le difficoltà. Personaggio “di cerniera” è il giovane torinese Bernardi, che apre grandi vie sul Bianco con Gian Carlo Grassi e Gianni Comino, ripete da solo la via di Giusto Gervasutti alle Grandes Jorasses in una “sfida elevata a sistema” (per prendere a prestito un’espressione coniata proprio da Alessandro Gogna) e scala anche con i primi arrampicatori sportivi, unendo tradizione e innovazione.
Manlio Motto
LIMITARE IL RISCHIO MA SALVARE L’AVVENTURA
Negli anni Ottanta qualcuno scopre che si può scalare sui satelliti e altrove, per esempio all’Envers des Aiguilles o al Dalmazzi, senza preoccuparsi del ghiaccio intorno. Liberando la testa da miti e tabù, la nuova generazione porta l’arrampicata sportiva nel santuario dell’alpinismo, aggiungendo al piacere e alla difficoltà l’ambiente e lo scenario. Sul Bianco, con le realizzazioni dello svizzero Michel Piola e Pierre Allain Steiner nasce la moderna scalata d’alta quota, che oggi è sempre più praticabile perché fa sempre più caldo, ma anche più difficile perché si allargano le terminali. Tra gli italiani, negli anni a seguire, Motto è il più conosciuto esponente della nuova concezione.
Anna Torretta
MISTO MODERNO, UN NUOVO SGUARDO
Nel primo decennio degli anni 2000 Anna Torretta è stata una protagonista dell’avvento del misto moderno e ha saputo esprimersi ai massimi livelli nelle competizioni internazionali di arrampicata su ghiaccio e nel dry tooling, prendendo parte per una decina d'anni all'ice world cup e salendo nel contempo, anche in montagna, le vie di misto moderno più difficili del momento. La sua storia la rende una testimone privilegiata di quella fase di evoluzione delle attrezzature, della gestualità e dell’approccio sportivo che è divenuta il background da cui sono nate alcune delle più importanti realizzazioni degli ultimi anni sulle grandi vie di misto nel massiccio del Monte Bianco.
Il versante valdostano del Monte Bianco - Ph A. Rampini
Marco Ghisio e Jerome Perruquet LE ULTIME REALIZZAZIONI
Due attivissimi esponenti delle ultime generazioni. Porteranno la loro testimonianza sulle realizzazioni degli ultimi anni nel massiccio del Monte Bianco, ipotizzando quali possibilità essi vedono per l’alpinismo di domani.
Marco Ghisio, nato a Vercelli nel 1987, è membro del CAAI dal 2024. Gran parte della sua attività si è sviluppata sul massiccio del Bianco, con il quale ha un legame particolare. Ha ripetuto alcune delle vie più iconiche: il Pilone Centrale del Freney, la Cassin e la Colton-MacIntyre alle Grandes Jorasses o il Couloir Nord Diretto ai Drus, oltre a linee moderne su goulotte come Beyond Good and Evil. La sua passione spazia dalle grandi pareti di ghiaccio e misto all’arrampicata libera di alto livello, con vie fino all’8b trad e numerose ripetizioni estreme su roccia, dal Cervino al Gran Capucin. Non mancano esperienze extraeuropee, tra cui Yosemite e la recente spedizione in Oman con l’Eagle Team.
Jerome Perruquet, classe 1997, vive da sempre nella Valtournenche, ai piedi del Cervino. La Gran Becca è sicuramente la montagna a cui è più legato, sia come alpinista che come Guida Alpina. È lì che si è formato e ha preso confidenza con il più classico dei terreni d'alta quota: quello del ghiaccio, del misto e della roccia non sempre perfetta… Il suo talento lo ha poi portato ad esprimersi ai massimi livelli tecnici anche sulle altre importanti cime della Vallée, come quelle del Gruppo del Monte Rosa e, ovviamente, del Monte Bianco, per passare poi alle grandi montagne del mondo, dall’Himalaya alla Patagonia. Il suo è uno sguardo prezioso, che guarda alla contemporaneità e al futuro alla luce di una tradizione antica.
Ospiti del convegno saranno Roger Bovard, François Cazzanelli e Giuseppe Vidoni che ci presenteranno il film prodotto da Grivel “Bianco invisibile”, la via aperta all’Aiguille Blanche nel marzo 2025 da Cazzanelli e Vidoni.
Il Petit Dru - Ph A. Rampini
Il convegno è organizzato in collaborazione con CAI Valle d'Aosta, con il patrocinio del Comune di Gressan. Sponsor dell’evento sono GRIVEL e DF SPORT SPECIALIST.
Si ringrazia inoltre BANCA SELLA
Ottimizzazione e grafica A. Rampini