testo di Alberto Rampini - le foto, ove non specificato, sono dell'autore
Di "perle" la Valle del Sarca ne ha veramente tante e per tutti i gusti. Moltissime sono "perle coltivate", simili a quelle naturali ma più curate, con un ché di elaborato e un po' innaturale che le rende comunque piacevoli e sicuramente alla portata di un pubblico vasto per il loro prezzo contenuto.
Prezzo alpinistico naturalmente, quindi comodità e impegno limitato, quello che piace oggi al grande pubblico. Ma la Valle raccoglie nel suo scrigno prezioso perle naturali di grande valore, riservate ad una cerchia più ristretta di estimatori, appassionati del genere e che non si fanno spaventare da un prezzo più alto in termini di impegno e di fatica, sicuri di trarne piacere e soddisfazione impareggiabili.
Anche in Valle del Sarca naturalmente non è tutto oro quello che luccica sulle pagine delle guide e sul web, per cui ho pensato fosse utile presentare una scelta di vie tradizionali, non manomesse in ottica securitaria e commerciale, ma caratterizzate da qualità alpinistica indiscutibile: linea logica e naturale, qualità della roccia e dell'arrampicata, proteggibilita' alpinisticamente adeguata.
Quindi vie nel loro genere sicuramente consigliabili, belle e di soddisfazione. La scelta che propongo è per forza di cose limitata e non esaurisce di certo il panorama delle vie trad meritevoli, ma intanto partiamo con queste, non senza aver dato prima uno sguardo alla storia dell’alpinismo in Valle.
Buone scalate a tutti e un invito a rispettare e conservare integro questo grande patrimonio e l’ambiente che lo ospita.
INTRO
La Valle del Sarca, estremo lembo di terra trentina proteso verso la piatta Pianura Padana, rappresenta un unicum di connubio felice tra clima mediterraneo e alte pareti e montagne di ambiente prealpino, se non addirittura prettamente alpino. Il solatìo ambiente a lecci, cipressi e ginepri che ci accompagna all’attacco delle vie del Monte Casale lascia il posto, 1.200 metri più in alto, all’aria frizzante delle praterie sommitali e alle foreste di abeti del versante settentrionale, al cospetto del vicinissimo Gruppo di Brenta.
Un microcosmo, quindi, dagli aspetti più vari, ma con la predominanza assoluta di condizioni climatiche mild per la quasi totalità dell’anno. Ne risulta un ambiente quanto mai favorevole allo sviluppo delle attività outdoor e in modo particolare dell’arrampicata e dell’alpinismo. E come agli albori della storia le condizioni climatiche non avverse del bacino del Mediterraneo fecero da sfondo allo sviluppo delle grandi civiltà, così le condizioni favorevoli, climatiche e morfologiche, della Valle del Sarca hanno favorito enormemente la diffusione dell’attività alpinistica, soprattutto dal momento in cui le spinte al rinnovamento hanno portato a posare lo sguardo e l’interesse anche al di fuori del campo tradizionale dell’alpinismo, cioè le più alte cime della catena Alpina, generando un’attività dapprima sussidiaria e preparatoria alla precedente, poi via via sempre più autonoma e con caratteristiche peculiari e molto ben connotate.
ALPINISMO CLASSICO IN VALLE DEL SARCA - UN PO’ DI STORIA
La storia alpinistica della Valle del Sarca è ancora scritta soltanto sulle sue pareti e in alcune guide alpinistiche. Dai tempi in cui i braccianti locali si arrampicavano quanto più in alto possibile per affastellare legna e fascine per l’inverno, ai primi tentativi e realizzazioni di alpinisti di Riva ed Arco, tragicamente interrotti da un mortale incidente occorso al rivano Bresciani, mentre tentava in solitaria la difficile parete Est di Cima Capi. Per le prime importanti realizzazioni bisogna arrivare agli anni Trenta, quando i grandi nomi dell’alpinismo trentino si avventurano su per la valle e studiano per primo il versante Est del Monte Casale, la ciclopica parete che chiude la lunga catena montuosa, facendo angolo sulla valle del Basso Sarca, e che si eleva per ben 1.200 metri.
Ma vediamo per sommi capi l’evoluzione delle più significative tendenze, individuando per comodità alcuni periodi caratteristici.
Gli albori – Anni Trenta
Evidentemente la scelta delle pareti è tipicamente dettata dall’alpinismo che si praticava all’epoca e le prime vie vengono aperte sulla parete più alta (Est del Monte Casale): quella di M. Friederichen e F. Miori del 1933 e soprattutto quella di Bruno Detassis, Marino Stenico e Rizieri Costazza del 1935, che vince il Gran Diedro la cui linea si impone al centro della parete.
Il periodo d’oro – Anni Settanta/Ottanta
Sono ancora lontani i tempi in cui verrà privilegiata l’arrampicata su placca, quando una compagnia di danzatori, specializzata nell’arte apparentemente aerea del balletto, si esprimerà con energia creativa riuscendo ad imprimere al progetto di un nuovo stile e di una nuova filosofia arrampicatoria una sotterranea e sottile carica eversiva che andò anche al di là delle loro intenzioni, come dimostrano tante contemporanee imprese al Piccolo Dain, al Monte Casale e al Monte Brento.
Se è vero che si diffuse la mistica della placca, è anche vero che molte vie, superato l’alto zoccolo basale, in genere una placconata liscia, a balzi, si trovarono ad affrontare la più verticale e strapiombante parte sommitale che riportava a più consuete ed estreme condizioni dolomitiche.
Tipico esempio è la via Martini, Tranquillini e Perotoni alla Cima alle Coste (1972) che, superato lo scudo basale, si trova subito sopra la cengia di fronte alla classica parete gialla di diedri, fessure verticali, lame appoggiate, sottili e bellissime. Altro tracciato esemplare è la via del Boomerang di Marco Furlani, Valentino Chini, Mauro Degasperi e Riccardo Mazzalai (1979) dove i tiri finali, oltre l’ultimo boschetto, richiedono il ritorno ad un’arrampicata più tecnicamente tradizionale per camini e diedri, esaurite le levigate placche e la loro massiccia solidità, al di sopra della lavagna grigia e compatta vinta in aderenza. E’ emblematico che la citata via del Boomerang sia stata anche battezzata come via della Nuova Generazione a sottolineare il confronto che si proponeva, in cui entrano la bellezza delle vie, la perfezione tecnica, la grazia dei movimenti, l’energia utilizzata quando ci si sente il cuore in gola.
Le vie spittate – Anni Novanta e oltre
Con il progressivo esaurirsi della spinta innovativa che aveva prodotto decine di belle, impegnative e sempre più difficili vie di stampo prettamente alpinistico (per logica di tracciato e mezzi impiegati), cominciano ad affacciarsi, con un certo ritardo rispetto ad altre zone, come ad esempio il Finalese, le prime vie integralmente protette a spit. Sono vie concepite in ottica plaisir e studiate per venire incontro alle richieste di sicurezza e ingaggio ridotto, tipici portati dell’alpinismo diventato fenomeno di massa (massa relativa, ma sempre massa, e cioè fenomeno radicalmente differente da quello che aveva fino ad allora interessato un limitato numero di addetti ai lavori). Fortunatamente, fenomeni altamente involutivi, come l’apertura di vie dall’alto o gli scavi, sono in valle estremamente limitati e oggetto di generale riprovazione, così come sono stati stroncati decisamente sul nascere alcuni maldestri tentativi, peraltro molto limitati, di snaturare i capolavori del periodo classico con richiodature antistoriche e prive di significato. Unica eccezione ragionevolmente accettata è per le soste.
Le vie stile “Grill” – Terzo Millennio
Infine, così come le vie a spittatura seriale erano state una reazione al rischio a volte ben alto delle vie trad non di rado su roccia mediocre, ultimamente le pareti sono state travolte da un nuovo filone di aperture, che privilegia le linee ancora logiche ed arrampicabili con un uso normalmente parsimonioso di infissi, ricreando un’apparenza di arrampicata tradizionale. Fa comunque piacere costatare che, nonostante il succedersi in Valle di questi filoni diversi, legati a corsi e ricorsi storici, il patrimonio di vie del periodo d’oro sia rimasto sostanzialmente intatto, sia pur magari con qualche “ritocco”, a disposizione degli alpinisti più preparati, che ci auguriamo si affianchino sempre più numerosi agli atleti dell’arrampicata sportiva.
E il futuro?
Già più volte i protagonisti dei vari periodi avevano sentenziato l’ormai imminente esaurirsi dei problemi da risolvere, smentiti puntualmente da chi ha pensato di proporre (e risolvere) nuove tipologie di problemi o di obiettivi, sviluppando nuovi filoni di aperture. Grill, scalando oggi l’inscalabile, avrà esaurito o almeno davvero fortemente ridotto i margini per la possibilità di apertura di vie nuove ragionevoli? Non è difficile ipotizzare che il futuro riservi ulteriori sorprese e traguardi magari oggi non definibili.
Problemi indubbiamente sono sorti e altri ne sorgeranno: del resto il mondo alpinistico, dagli opinion leaders ai più semplici praticanti, è formato da personalità e caratteri forti, geneticamente non facili, e stabilire punti fissi e principi accettati da tutti è utopia.
Nonostante alcuni limitati tentativi di attacco, dovuti sicuramente più all’ignoranza storica dei protagonisti che a consapevolezza del significato del gesto, ci si può sicuramente rallegrare del fatto che il grande patrimonio storico di vie classiche aperte con spirito fortemente alpinistico si è conservato pressoché intatto, passando indenne attraverso le varie fasi di sviluppo dell’arrampicata.
E questo grande patrimonio, che ci dobbiamo tutti impegnare a conservare, rappresenta non solo un documento storico eccezionale, ma anche un valore aggiunto, in prospettiva, molto importante e che in futuro potrà fare la differenza, anche nella promozione dello sviluppo della frequentazione alpinistica della Valle, rispetto ad altre zone meno ricche di storia, o dove la storia è stata irrimediabilmente cancellata dalla sovrapposizione di un modernismo poco rispettoso e intimamente distruttivo.
Sarebbe bello che qualcuno in valle si sforzasse di dire ancora qualcosa di nuovo, magari non solo al ristretto cenacolo dei big, ma a favore soprattutto dei giovani arrampicatori, aprendo loro le porte all’immenso patrimonio trad che la valle ancora offre e del quale noi accademici vorremmo essere i custodi.
Ben convinto di questo, voglio proporre di seguito alcuni straordinari itinerari in prevalenza degli anni d’oro, fortunatamente rimasti sostanzialmente integri nelle loro caratteristiche. E li propongo non in contrapposizione con altre tipologie di itinerari ed altre mentalità, ma solo per promuovere la consapevolezza che le proposte che oggi in valle tengono il campo dell’alpinista medio (vie a spittatura seriale da un lato e vie “stile Grill” dall’altro) non sono le sole proposte per fare bellissime esperienze di arrampicata in relativa sicurezza e con la soddisfazione aggiuntiva di conquistare qualcosa con i propri mezzi e le proprie capacità, più che approfittando del lavoro e della preparazione fatta da altri.
LE CLASSICHE PIU’ RIPETUTE
Le vie proposte, a partire dalla bassa Valle fino alle Sarche, hanno tutte in comune una logica lineare, che segue strutture evidenti della parete, una roccia di ottima qualità o al più con qualche breve tratto delicato, assenza di spit ma proteggibilità sempre alpinisticamente accettabile. Più ingaggiose delle altre Fiore di Corallo e la Canna d’organo, che richiedono una buona padronanza del grado. Ma ci sono anche alcune vie brevi e di impegno complessivo contenuto che si prestano per fare esperienza sul terreno trad e acquisire padronanza di questa straordinaria disciplina (ad esempio la Via Flavia al Colt e l’Isola di Nagual alla Pala delle Lastiele).
Per eventuali ulteriori informazioni si può fare riferimento all'autore Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
1 - MONTE COLT
VIA FLAVIA
D. Zampiccoli e F. Miori 1983
150 metri, 5 tiri, V+/VI/R3
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Scalata di soddisfazione e varia (camini, diedri e placche), su ottima roccia.
Via breve, dal comodo attacco e discesa veloce, adatta ad una mezza giornata di tempo incerto. Al sole già al primo mattino, ideale nelle mezze stagioni e nelle belle giornate invernali. Lungo la via qualche chiodo e cordino, necessaria una piccola scelta di friend medio-piccoli. Le soste sono a spit, perché condivise con vie sportive limitrofe. Una recente pulizia ha reso la via ancora più piacevole.
Attacco
Da Arco (zona Casinò) seguire la strada per Laghel e dopo una ripida salita, ad un bivio in prossimità della chiesetta bianca, prendere a destra la strada bassa e seguirla fino ad un piccolo parcheggio sulla destra (cartelli SAT con indicazione per la cima del Monte Colt). Seguire l’evidente carrareccia, al primo bivio prendere a destra e salire fin sotto una piccola falesia: proseguire con alcuni tornanti fino a giungere a una sella. Poco oltre si abbandona il sentiero SAT bianco-rosso che sale a sinistra e si prosegue sulla destra dapprima in piano e poi in discesa (cavi metallici e alla fine una breve scaletta in ferro) giungendo nel bosco sul versante Est della dorsale. Prendere verso destra (Sud) un’evidente traccia che passa sotto una falesia (nomi delle vie con targhette metalliche) e poi costeggia la parete. Dopo un breve tratto in discesa, superato l’attacco della via Re Mida (targhetta), si nota un grande camino giallo caratteristico. Qui attacca la via. 30 minuti dall’auto.
Discesa
Dall’uscita della via salire brevemente nel bosco fino ad incrociare un’ampia traccia che si segue verso destra (Nord) fino alla sella dove ci si raccorda con il sentiero seguito per andare all’attacco. Scendendo verso sinistra (Ovest) si ritorna velocemente al parcheggio. 15 minuti dall’uscita della via.
Relazione
L 1 – Salire un diedro (evtl 2 fix di una via vicina) e poi entrare nel grande camino che si sale fino al suo termine, uscendo da ultimo a sinistra per sostare poi comodamente alla sommità del grande lamone. 40 mt, IV
L 2 – Traversare a sinistra facilmente, poi utilizzando una fessurina da proteggere portarsi ad un albero sul quale si sosta. 30 mt, V
L 3 – Superare un muretto (ch) e seguire poi una rampa verso destra seguita da un diedro fino alla sosta (30 mt, VI, poi IV+)
L 4 – Salire su ottima roccia lavorata e poi obliquare progressivamente a destra, superare una vecchia sosta e traversare più nettamente verso destra fino ad un vago diedro giallo che si supera giungendo ad una pianta di fico. Da qui traversare ancora a destra e salire alla sosta. (35 mt, V+, tiro continuo, esposto e molto bello).
L 5 – Sulla sinistra della sosta salire un diedro con netta fessura, superare lo strapiombino finale e poi per rampa fessurata più facile al bosco sommitale (40 mt, IV+, alcuni spit – uscita in comune con la via “Nove dita”).
2 - COSTE DELL’ANGLONE
DIEDRO BALDESSARINI
A. Baldessarini, A. Maffei 2011
250 metri, 7 tiri, VI+/R3
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Simpatica via, di recente pulita e integrata con varianti dirette che la rendono più omogenea e interessante. L’arrampicata è atletica, su roccia sempre ottima e da proteggere con friend (sufficiente una serie fino al 3 bd).
Esposizione Est, ben soleggiata anche in inverno.
Attacco
Da Arco prendere per Trento e dopo poco imboccare sulla sinistra la deviazione per Ceniga. All’inizio del centro abitato vero e proprio sulla destra si trova un parcheggio pubblico, dove è consigliabile lasciare l’auto. Tornati indietro sulla strada principale per poche decine di metri di prende sulla destra (Ovest) una stradetta con indicazioni per il Ponte Romano. Superato il ponte (bel monumento storico), di prende sulla destra una strada sterrata pianeggiante che si segue fino al Maso Lizzone. Davanti al Maso girare a sinistra (Ovest) e poco dopo seguire sulla destra una traccia con indicazioni per il Sentiero degli Scaloni e poi per il Sentiero delle Cavre salendo fino al bosco. Ad un ometto prendere una traccia sulla sinistra che porta contro la parete: oltrepassata una falesia e l’attacco di Anche le donne vogliono arrampicare (scritta) si giunge allo spiazzo dove attacca la via (nome alla base). 30 minuti dall’auto.
Discesa
Salire brevemente nel bosco, obliquare a destra per traccia e raggiungere in breve il Sentiero degli Scaloni che riporta al Maso Lizzone e poi per strada al parcheggio (calcolare 40 minuti in tutto).
Relazione
L 1 – Per muretti e rocce articolate raggiungere un albero con cordone, dal quale a sinistra alla sosta (V, 35 mt)
L 2 – Direttamente sopra la sosta, aggirare poi a sinistra un piccolo strapiombo, scalare un muretto e andare a sinistra alla sosta alla base di un diedro giallo (VI, 20 mt)
L 3 – Salire il diedro e sostare a sinistra su albero (VI, 25 mt)
L 4 – Si sale per un diedro grigio, poi a destra e per terreno più abbattuto si va a sostare su albero alla base del grande diedro regolare che caratterizza la parte alta della via (VI+, 35 mt)
L 5 – Salire il diedro fino ad una sosta (VI, 20 mt)
L 6 – Ancora per il diedro evitando a sinistra lo strapiombo finale (VI, 25 mt). Questo tiro si può agevolmente abbinare al precedente saltando la sosta intermedia.
L 7 – Salire per lama-fessura, poi obliquare a destra fino ad uno spigolino e, superato un diedrino, sostare su albero al termine delle difficoltà (VI, 20 mt).
3 - MANDREA CENTRALE
PILASTRO GABRIELLI
G. Stenghel, G. Vaccari, 1978
200 metri, 5 tiri V+ e VI/R3
Esposizione Est
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La via, esposta ad Est, è fattibile tutto l’anno, ad esclusione dell’estate per il troppo caldo.
Via storica, di straordinaria logica ed eleganza. Vince una impressionante prua strapiombante seguendo una successione di magnifici diedri con arrampicata atletica ed entusiasmante.
Chiodatura scarsa, ma ottima proteggibilità con friends (anche grandi, fino al 4 o 5 bd). Soste comode a spit. Possibile la discesa in doppia dalle soste 1, 3 e 4. Assolutamente da non perdere, anche per il valore storico (meditare sui cunei che ancora si vedono in qualche fessura e pensare agli apritori con scarponi rigidi e… senza friends). Un paio di fix (ora senza piastrine) assolutamente inutili lungo una fessura perfettamente proteggibile testimoniano l’irriverente tentativo da parte di qualche sprovveduto tassellatore di addomesticare questa linea superba.
Attacco
Da Arco salire a Laghel e di fronte alla chiesetta bianca svoltare a sinistra e seguire la stradina prima asfaltata e ripidissima, poi sterrata e in falsopiano, fino al suo termine, parcheggiando nei pressi di una fontana. Seguire la mulattiera verso sinistra (sbarra) per breve tratto, poi seguire una delle tante tracce che puntano alla parete e all’evidente prua sulla quale corre la via. A destra della verticale del Pilastro individuare una rampa erbosa con qualche bollo rosso, alzarsi obliquando verso destra fino ad una pianta dove inizia una corda fissa che aiuta a superare placche verticali e vegetate (15 minuti). Verificare lo stato della corda fissa e valutare se legarsi in cordata fin da questo punto.
Discesa
Scendere brevemente nel bosco per traccia raggiungendo la strada asfaltata che da Padaro sale a San Giovanni. Seguirla verso sinistra (Sud) e dopo circa 200 metri abbandonarla per imboccare sulla sinistra una evidente mulattiera (indicazioni: Laghel), poi un sentiero segnato sulla sinistra in leggera salita, passando da una cava abbandonata. Proseguire poi in discesa, seguire il sentiero che costeggia la sommità delle pareti e ad un Grosso traliccio prendere una traccia sulla sinistra che riporta alla strada di Laghel poco a valle dell’auto (1 ora).
Relazione
Si risale la corda fissa, obliquando poi a sinistra per tracce esposte (un tratto ancora di corda fissa) per salire alla fine ad un boschetto alla base del pilastro vero e proprio. Tratto delicato e da percorrere con attenzione.
L1 – Salire un diedro facile, una breve fessura (quella di destra di due parallele) fin sotto uno strapiombo, che si aggira sulla sinistra montando poi su un aereo pulpito. IV +, V+ 30 mt
L2 – Obliquando a destra su roccia marrone si va a prendere una fessurina (tratto delicato) sino ad una piccola sosta. VI + 30 mt
L3 – Seguire un diedro giallo sostando al suo termine su un comodo terrazzo a sinistra. VI 25 mt
L4 – Salire il fantastico diedro seguente, proteggendosi al meglio con friends grossi (alcuni chiodi nel tratto superiore più strapiombante). VI+ 50 mt
L5 – Salire la placca a sinistra (clessidra) uscendo nel bosco alla sommità del pilastro. V 30 mt.
4 - MANDREA CENTRALE
BLACK HOLE
G. Stenghel e M. Giordani 1979
250 metri, 7 tiri, VI+/R3
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Bella salita, caratterizzata da splendide fessure da proteggere nella prima parte e da un diedro strapiombante e con roccia più delicata nella seconda parte. Un po' meno simpatica l’uscita in un canalino pieno di foglie. Merita comunque senz’altro la ripetizione, anche per l’ambiente straordinario in cui si svolge. Utile una serie completa di friend.
Meglio percorrerla in primavera avanzata o in autunno. In inverno è ombreggiata dal Pilastro Gabrielli.
Attacco
Lo stesso del Pilastro Gabrielli (vedi). Dopo le corde fisse dell’avvicinamento, poco prima di arrivare all’attacco vero e proprio del Pilastro Gabrielli, sostare su albero alla base di un evidente diedrino grigio (15 minuti).
Discesa
La stessa del Pilastro Gabrielli (1 ora)
Relazione
L 1 – Salire il diedrino, poi uno strapiombino e una placchetta fino alla sosta su comoda cenga (5, poi IV, 30 mt)
L 2 – Salire la bella fessura sulla destra, all’altezza di un tettino traversare a sinistra a prendere una bella lama che si segue fino alla sosta (V+, 35 mt)
L 3 – Breve tiro in traverso verso sinistra seguendo una fessura orizzontale (V+, 15 mt)
L 4 – Salire il bel diedro fessurato con arrampicata tecnica (VI, 35 mt)
L 5 – Proseguire per il diedro che diventa strapiombante (VI+, 20 mt, diversi chiodi)
L 6 – Brevissimo tiro, dapprima in traverso a sinistra poi dritto fino a un terrazzino (VI, 10 mt)
L 7 – Salire un diedrino friabile e una paretina verticale, uscendo a sinistra. Un canalino terroso porta alla sosta alla base di un muro marrone strapiombante (V+, 45 mt)
L 8 – Superare una fessura-diedro ed uno strapiombino friabili pervenendo a rocce rotte che portano alla fine delle difficoltà (V+, 40 mt). Tiro che richiede attenzione.
5 - MANDREA NORD
FIORE DI CORALLO
M. Giordani, F. Zenatti, G. Manica 1983
350 metri, 10 tiri, VI+/VII/R4
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Uno dei più grandi capolavori della valle del Sarca.
Una successione logica di straordinarie fessure e diedri strapiombanti. Arrampicata di grande soddisfazione, sempre atletica ed esigente, su roccia super. Alcuni tratti in cui non è facile proteggersi richiedono padronanza del grado. Pochissimi i chiodi in parete, ma le soste sono attrezzate a fix. Utile una doppia serie di friend fino al 4 bd, meglio fino al 5
Attacco
Da Arco (zona Casinò) seguire la strada per Laghel e dopo una ripida salita, ad un bivio in prossimità della chiesetta bianca prendere la ripida strada asfaltata che sale a sinistra, compie alcuni tornanti e si inoltra lungamente nella valle. Parcheggiare al suo termine, in prossimità di una fontanella. Salire a sinistra per strada forestale (sbarra) che conduce in breve sotto le pareti (fin qui l’avvicinamento è uguale a quello del Pilastro Gabrielli). Raggiunta poco oltre la presa dell’acquedotto, continuare verso Nord per traccia che costeggia la parete, dopo una discesa ripida seguire una stretta rampa che sale verso dx ad un boschetto sospeso, dove si trova l’attacco della via (30 minuti).
Discesa
La stessa del Pilastro Gabrielli (1 ora)
Relazione
L 1 – Aiutandosi con l’albero posto all’attacco salire una paretina e traversare poi a destra ad un diedrino che si risale sino alla sosta (VI)
L 2 – Salire una fessurina, poi rocce più articolate e infine una bella lama (VI+)
L 3 – Salire una fessura fin sotto un tetto e costeggiarlo verso sinistra fino al suo termine, dove una fessura consente di salire alla sosta (VI e passi di VII, proteggibilità a mezzo friend non sempre affidabili a causa della levigatezza della fessura svasata sotto il tetto)
L 4 – Per rampa più facile fin sotto degli strapiombi che si evitano con una traversata verso sinistra (alberello di fico) raggiungendo una fessura verticale che porta alla sosta (VI + e passi di VII)
L 5 – Salire il muretto sopra la sosta, passo di VII obbligatorio e che un fix di passaggio, l’unico della via, non protegge da una eventuale caduta sulla cengia di sosta. Per rocce più facili ad una rampa obliqua verso sinistra che conduce alla sosta (VII, V)
L 6 – Salire l’evidente diedro un po' liscio a sinistra della sosta e superare un muretto (ch) che porta alla sosta (V+, VI)
L 7 – Traversare a sinistra con percorso da individuare con attenzione (qualche chiodo) fino ad una lama sporgente, che si supera direttamente. Salire in obliquo a sinistra fin sotto un tetto, poi a destra per canne ad un terrazzino (VI+ e VII-, sosta su clessidre).
L 8 – Salire a sinistra della sosta superando un tettino, poi per rocce più facili alla sosta su albero (VI+ poi IV)
L 9 – Salire lungamente in obliquo verso sinistra, superare un muretto delicato e continuare verso sinistra fino alla base di un diedro che si intuisce portare fuori dalle difficoltà, ormai tra gli alberi della sommità (IV e VI).
L 10 – Traversare a sinistra seguendo una fessura orizzontale, poi salire per diedro e roccette (un fix di una via sportiva) arrivando al termine del bosco dove si sosta nei pressi della recinzione di una villetta (IV)
6 - CIMA ALLE COSTE
VIA MARTINI-TRANQUILLINI-PEROTONI
S. Martini, M. Tranquillini, M. Perotoni, 1972
500 metri, 13 tiri V+ e VI/R3
Esposizione Est
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Tra le più ripetute della Valle, vince la grandiosa parete di Cima alle Coste con piacevole arrampicata su difficoltà classiche. Una serie di friend fino al 4 bd è sufficiente ad integrare i pochi chiodi presenti nella parte alta della via.
Attacco
Da Arco verso Nord risalire la Valle del Sarca, superare il paese di Dro e prima di giungere al parcheggio delle Placche Zebrate, in località Lago, individuare sulla sinistra una stradina con indicazioni per il Lago Bagattoli. Seguirla brevemente e parcheggiare nei pressi del lago. Si segue la strada forestale (sbarra) che sale dapprima verso destra, poi con un tornante piega a sinistra (Sud) per un lungo tratto in leggera salita fino ad incontrare un ometto che segnala l’inizio di una traccia sulla destra. Seguirla nel bosco con ripida salita fino alla base di una placconata. Montare sulla placconata seguendo tracce su cengette e facili passaggi su roccia con salita obliqua verso destra, fino ad una più evidente traccia che porta sotto la levigata parete dello Scudo. La via attacca all’estremità destra dello scudo, dove questo forma un evidentissimo diedro con la più articolata parete sulla destra. (40 minuti dall’auto).
Discesa
Per traccia (ometto) si raggiunge in breve una strada forestale, che si segue verso sinistra (Sud) fino ad incontrare un cartello che segnala il sentiero per Dro (n. 425). Percorrerlo fino a valle, poi per sterrata seguendo le indicazioni si ritorna al Lago Bagattoli (ore 1,30).
Relazione
La via si può dividere in tre parti.
La prima parte, facile e non molto interessante, sale con 5 tiri l’evidente diedro. Attrezzata con qualche fix. Le soste sono attrezzate per la discesa in doppia. In questo primo tratto prestare attenzione alla caduta di sassi.
La seconda parte supera con tre tiri la zona centrale di placche abbattute e un po’ erbose, in obliquo a sinistra fino alla base della gialla e strapiombante parete superiore. In questo tratto il percorso non è molto evidente e richiede un po’ di fiuto. Qualche chiodo sparso.
La parete superiore viene vinta con cinque tiri entusiasmanti, che da soli varrebbero la salita.
Soste in genere comode e sicure, pochi i chiodi lungo i tiri, che si proteggono comunque bene con i friends. Roccia in genere ottima, con qualche lama da trattare con attenzione.
L1 – L2 – L3 – L4 – L5 – Salire interamente il diedro, con passaggi a volte levigati ma su difficoltà contenute (IV e passi di V). Qualche fix sui tiri e soste attrezzate per doppia. Alla fine del diedro si obliqua a sinistra per tracce alla placconata centrale.
L 6 – Si traversa lungamente in obliquo a sinistra su tracce e facili rocce. I. Sosta su spit.
L 7 – L8 – Salire per placche e saltini più ripidi (un diedrino più difficile da proteggere con friends) fino ad un terrazzo ben battuto alla base del diedro della parete superiore. IV e V. Sosta su albero.
I cinque tiri seguenti, nei quali si concentrato le difficoltà della via, offrono un’arrampicata a tratti entusiasmante, sempre piacevole e in un ambiente grandioso.
L9 – Salire per parete mirando all’evidente diedro, che si sale poi fino ad un terrazzino. V+
L10 – Raggiungere una lama/fessura che si sale (superando anche un tettino) fino ad arrivare sotto un pronunciato tetto, che si evita traversando a sinistra fino ad una scomoda sosta con chiodi a pressione. VI, tiro chiave. Alcuni chiodi, utili i friends.
L 11 – Salire un camino e poi un diedro fino ad una sosta in una zona più abbattuta. V+
L 12 – Proseguire per una bellissima lama gialla, superare un albero e continuare fin sotto un tetto. Traversare a sinistra per cengette (attenzione ad alcune grosse lame dall’aspetto un po’ inquietante) fino ad una comoda sosta. V+
L 13 – Superare una paretina verticale (chiodo) e poi per bellissimo diedro al canale finale, che richiede qualche attenzione (tiro di oltre 50 metri, frazionabile sostando ad un albero lungo il diedro). V+ all’inizio, poi IV.
La parte iniziale di questa via (il facile diedro dei primi 5 tiri) era già stata percorsa nel 1966 da H. Steinkotter, H. Holzer e R. Messner, che avevano poi proseguito sulla destra su roccia precaria, per cui l’itinerario non ebbe seguito. La grande intuizione dell’Accademico Sergio Martini è stata quella di proseguire sulla sinistra, forzando la strapiombante parete superiore con intelligente percorso attraverso i tetti che la caratterizzano, realizzando così un grandioso itinerario con difficoltà sostenute, ma che si lasciano superare con più facilità di quanto si potrebbe stimare dal basso.
Un interessante filmato sulla Via Martini-Tranquillini-Perotoni
7 - PALA DELLE LASTIELE
VIA ISOLA DI NAGUAL
F. Giacomelli – F. Stedile 1982
300 metri, 11 tiri; VI con due passi in A0 (in libera 6b)/R3
Esposizione Sud Est
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Linea assai logica lungo una serie ininterrotta di diedri di bella roccia.
L’attrezzatura in posto (chiodi normali) può essere agevolmente integrata con una serie di friends e kevlar per le clessidre.
Salita paragonabile al Diedro Manolo al Dain, anche se un pò meno continua e di qualità leggermente inferiore. Merita sicuramente di essere percorsa.
Fabio Giacomelli e Fabio Stedile, accomunati dall’apertura di questa bella via, sono stati accomunati anche da un tragico destino, morendo entrambi, a diversi anni l’uno dall’altro, sul Cerro Torre in Patagonia.
Attacco
Da Arco verso Nord (direzione Pietramurata/Sarche), poco oltre il parcheggio delle Placche Zebrate parcheggiare sulla destra presso l’ingresso della pescicoltura.
Attraversare la strada e seguire una sterrata (sbarra) prendendo a destra ad un bivio. Poco più avanti reperire sulla sinistra una traccia che sale nel bosco e porta alla base della parete. L’attacco è presso un diedro obliquo verso destra (scritta Nagual). 30 minuti.
Discesa
Abbastanza lunga ma facile. Dall’uscita della via traversare lungamente nel bosco verso Nord (rade tracce) salendo leggermente fino alla sommità del Dain, dove si incontra una strada forestale. Da questo punto la discesa è comune a quella del Dain. Seguire la forestale direzione nord (verso il Casale) e poi per i tornanti in discesa (scorciatoie segnate con bolli rossi) fino ad una zona pianeggiante con una palina che segna il rientro dalla ferrata Che Guevara. Abbandonare la strada e prendere a destra una traccia (direzione Sud) che con qualche saliscendi porta al campo da cross dietro all’Hotel Ciclamino. Costeggiare verso Sud il campo da cross, seguire la forestale e poi la pista da mountain bike fin sotto le Placche Zebrate e poi all’auto (ore 1,30).
Nota: esiste anche una seconda possibilità di discesa dalla sommità, più breve ma meno facile da trovare. Dall’uscita della via ci si incammina verso Nord (in direzione della Cima del Dain) traversando un pendio di erba e arbusti, come per la soluzione precedente.. Quando si intravede verso il basso un ripido prato senza vegetazione lo si discende fino all’inizio di un rado ripido bosco nel quale si intravede un’esile traccia che si segue con qualche breve passo di facile arrampicata fino a pervenire poco più in basso dell’attacco della via. Per tracce a vista in direzione dell’auto.
Relazione
L 1 – Salire il diedro fino alla sosta, alla base del grande strapiombo giallo. IV. E’ possibile anche salire la parete articolata a destra dello strapiombo (più facile), prima in obliquo verso destra e poi in obliquo a sinistra alla cengia di sosta.
L 2 – Superare il diedro giallo, dapprima verticale poi obliquo a sinistra, traversare alla fine a sinistra su placca ad un gradino (sosta possibile) e proseguire per fessurina e diedrino fino ad un terrazzino. 6b/AO alla partenza, poi V+
L 3 – Seguire il diedro a lame appena a destra della sosta e al suo termine traversare a sinistra ad una piccola terrazza. Sosta su albero. V+
L 4 – Salire per diedro giallo a sinistra di un liscio scudo, fin sotto un tetto. Traversare a sinistra e poi per diedrino grigio alla sosta. V+ e VI
L5 – Continuare per diedro fessurato con arrampicata ideale fino ad una sosta su chiodi. V+
L 6 – Ancora per il diedro fino alla sosta scomoda sulla parete di destra, in una specie di nicchia. V+ continuo.
L 7 – Superare il diedro-fessura soprastante, all’inizio strapiombante (6b/A0, alcuni chiodi ravvicinati), poi più facile (V) fino ad una piccola sosta.
L 8 – Sempre lungo il diedro fin sotto il tetto che lo chiude. Traversare ora a destra ad un comodo terrazzo (V+). Sosta su albero con cordone e maillon di calata. Da questo punto (fine delle maggiori difficoltà e della roccia ottima) ci si può calare lungo la via con 3 o 4 doppie.
Lo spirito alpinistico e la completezza dell’esperienza consigliano tuttavia sicuramente di continuare fino al termine della parete.
L 9 – In obliquo a destra su roccette ed erba per oltre cinquanta metri, sostando ad un albero o improvvisando una sosta su friend.
L 10 e 11 – Ancora un po’ in obliquo a destra e poi direttamente per salti al bosco sommitale.
In questi ultimi tre tiri il percorso non è obbligato e si sosta su alberi. Con un po’ di fiuto le difficoltà non superano il IV+, ma il terreno impone cautela.
Al termine del secondo tiro si trova un fix e poi appena a destra del quarto tiro una serie di fix che sale poco a destra del nostro itinerario. Si tratta di una via che, irrispettosa di storia e logica, interseca questo itinerario e della quale nessuno ha mai avuto il coraggio di rivendicare l’apertura.
8 - DAIN DI PIETRAMURATA
VIA CESARE LEVIS (conosciuta anche come “Diedro Manolo”)
M. Zanolla, G. Groaz, M. Furlani, 1978
300 metri, 8 tiri; VI/R3
Esposizione Est
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Al centro della parete segue una linea straordinaria di diedri e fessure giallo/grigi.
Arrampicata atletica su roccia ideale. Chiodatura non abbondante ma ben integrabile
Una delle classiche più ripetute della Valle.
Attacco
Da Arco verso Nord (direzione Pietramurata/Sarche), superate le Placche Zebrate si prende a sinistra una strada con indicazioni Crossodromo e Hotel Ciclamino, presso il quale si parcheggia.
Seguire poi la strada che costeggia il Crossodromo (direzione Sud) fino alla fine delle recinzioni. Individuata una marcata traccia sulla destra, la si segue fino alla base dell’evidente parete. Ad un ometto non prendere una traccia sulla destra (porta all’attacco di Siebenschlafer) ma continuare a salire per il sentiero principale fino ad individuare delle tracce sulla destra che portano ad una rampa (qualche breve passaggio di arrampicata) che conduce verso la base del diedro grigio/giallo posto appena a destra di quello più evidente, chiuso da enormi tetti gialli, percorso dalla Via Big Bang. Sosta alla base di una paretina (30 minuti).
Discesa
Abbastanza lunga ma facile. Seguire la traccia evidente nel bosco fino ad una strada forestale. Seguirla in direzione nord (verso il Casale) e poi per i tornanti in discesa (scorciatoie segnate con bolli rossi) fino ad una zona pianeggiante con una palina che segna il rientro dalla ferrata Che Guevara. Abbandonare la strada e prendere a destra una traccia (direzione Sud, freccia in legno) che con qualche saliscendi porta al campo da cross dietro all’Hotel Ciclamino (1 ora)
Relazione
L 1 - Salire la paretina o il suo spigolo destro e la rampa successiva, su buona roccia pulita dal passaggio. Sosta su albero. IV
L 2 – Traversare a sinistra e salire ad un terrazzino. Sosta su albero. III
L 3 – Entrare nell’evidente diedrone, superare un grosso albero e sostare a destra su un terrazzino. IV e V
L 4 – Continuare per il diedro, ora giallo e più verticale, fin sotto al tetto che lo chiude e che si supera sulla destra, nel punto di minor resistenza, tramite una fessura (passaggio chiave, utile un friend grande). V+ e VI
L 5 – Salire ancora per il diedro in obliquo a destra e poi direttamente con arrampicata entusiasmante ed esposta. Pochi chiodi, possibilità discrete di integrare. Sosta in una nicchia. V+
L 6 – Ancora un bel tiro per fessure, lame e diedri verticali, V+
L 7 – Seguire sempre il diedro superando un tettino sulla sinistra, fino ad una comoda sosta su cengetta sotto il muro finale. V+
L8 – Salire direttamente per diedrini grigi superficiali fin sopra una grande scaglia, dalla quale brevemente per un diedro giallo e un traverso a destra si raggiunge una sosta su albero, appena sotto il bosco sommitale. V e V+
Alcuni facili passaggi verso destra conducono ad una traccia ben battuta nel bosco.
9 - DAIN DI PIETRAMURATA
VIA KEROUAC
L. Massarotto, G. Groaz, P. Baldo 1981
300 metri, 8 tiri; VI+, un tratto di A0 (in libera 6c)/R3
Esposizione Est
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Attacco
Lo stesso della Via Cesare Levis (vedi)
Discesa
La stessa della Via Cesare Levis (vedi)
Relazione
L 1 – Salire un facile spigolino, obliquare a sinistra e per diedri e rampe andare a sostare ad un albero. Tiro in comune con la via Cesare Levis (IV)
L 2 – Salire in obliquo verso destra, superare in diedrino e sostare alla base del grande camino che separa un avancorpo dalla parete principale (III)
L 3 – Scalare un diedro giallo sulla sinistra (all’inizio roccia delicata), superare uno strapiombetto e proseguire per bella fessura da proteggere fino ad un terrazzino sulla destra (V+)
L 4 – Proseguire nella fessura gialla e poi per diedro fino ad una scomoda sosta appesa (VI+)
L 5 – Continuare per il bellissimo diedro e quando strapiomba obliquare a destra a raggiungere un altro diedro giallo che si segue fino al suo termine, traversando infine ad un esposto pulpito sulla destra (V e VI)
L 6 – Superare il muretto articolato sopra la sosta e poi all’altezza di un chiodo obliquare a destra a prendere un diedro seguito da un muro con diversi chiodi approdando ad una cengia alberata (tiro lungo, attenzione agli attriti, all’inizio V+ e VI, poi VII+ oppure A0 il muro finale)
L 7 – Traversare facilmente verso sinistra sulla cengetta andando a sostare su friend alla base di un diedrino.
L 8 – Salire il diedro fino ad un alberello, superare alcuni salti e obliquando a sinistra montare sopra un piccolo pinnacolo oltre il quale un muretto (ch) e poi rocce rotte portano al bosco sommitale (V).
10 - DAIN DI PIETRAMURATA
VIA SIEBENSCHLAFER
T. Zuech, M. Gamper, 1983
300 metri, 9 tiri (+ 110 metri facili nel bosco terminale); VI +/R3
Esposizione Est
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Itinerario per lunghi anni dimenticato, è stato di recente riscoperto e comincia ad essere percorso con una certa regolarità. Linea molto logica ed arrampicata bellissima e varia ne fanno una perla da non mancare.
A parte le soste (tutte presenti e sicure) i chiodi lungo i tiri sono pochissimi ma è facile proteggersi ottimamente con i friends.
Attacco
Da Arco verso Nord (direzione Pietramurata/Sarche), superate le Placce Zebrate si prende a sinistra una strada con indicazioni Crossodromo e Hotel Ciclamino, presso il quale si parcheggia.
Seguire poi la strada che costeggia il Crossodromo (direzione Sud) fino alla fine delle recinzioni. Individuata una marcata traccia sulla destra la si segue fino alla base dell’evidente parete. Fin qui l’avvicinamento è uguale a quello della Via Cesare Levis. Ad un ometto prendere una traccia sulla destra e salire per una rampa alberata verso destra (roccette e qualche passo di arrampicata, tracce). L’attacco, presso un facile diedrino grigio, è in comune con la via Par Condicio (scritta “PAR” sbiadita).
Prestare attenzione ad imboccare la rampa giusta, osservando preventivamente la parete da lontano e prendendo come riferimento i due evidenti tetti orizzontali presso i quali passa il secondo tiro della via (30 minuti).
Discesa
La stessa della Via Cesare Levis (vedi)
Relazione
L 1 - Salire il diedrino e poi obliquare a destra su cengetta (Par Condicio devia a sinistra) sostando su albero alla base di un bel diedro giallo/grigio verticale. III
L 2 – Salire il diedro e sostare su terrazza con alberi alla sua sommità. IV+
L 3 – Salire la grigia placca verticale soprastante (i primi metri sono i più difficili), traversare lungamente a sinistra, poi in verticale per pochi metri e infine a destra su cengetta dove si sosta. Arrampicata delicata e di movimento su ottima roccia grigia e rugosa, 3 - 4 chiodi non superlativi, possibilità di aggiungere qualche friend. VI poi V+
L 4 – Salire a destra una fessura verticale, dapprima ben proteggibile, poi più larga e un pò expo ma di ottima roccia, uscendo alla fine verso sinistra ad una sosta su albero con cordone. V+ e VI
L 5 – Verso destra e poi verticalmente si supera una zona terrazzata, andando a sostare su un grosso albero alla base di un camino giallo dall’aspetto poco rassicurante. IV e III
L 6 – Salire il camino (che in realtà è solido) fino ad un terrazzino di sosta (cordone incastrato). V e IV
L 7 – Traversare a sinistra e salire il bellissimo diedro giallo soprastante (ben proteggibile a friends) fin sotto un tettino (chiodo). Traversare a sinistra e sostare su una stretta cornice. V+
L 8 – Salire la larga fessura soprastante (un tratto improteggibile ma non troppo difficile) uscendo a destra in obliquo fin sotto un diedrino. Salirlo fino al tetto che lo sbarra e uscirne a sinistra (sosta su albero). V+ la fessura iniziale, VI il diedrino e VI+ l’uscita.
L 8 – Per facile diedrino grigio al bosco finale. IV
Ancora due facili lunghezze facoltative per salti e alberi (qualche cordone indica il percorso, tracce) conducono alla spianata sommitale dove si incontra la traccia di discesa.
11 - PIAN DELLA PAIA – Parete Gandhi
VIA IL MAGNESIO DALLA ROCCIA
Conosciuta anche come VIA TENENTE TORRETTA
G. Stenghel, F. Sartori, F. Nicolini, 1983
200 metri, 6 tiri V+ e VI/R3
Esposizione Est
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Un monumento al più puro stile dell’arrampicata tradizionale degli anni Ottanta.
Se non vi fate spaventare dal primo tiro, erboso e un po’ friabile ma non difficile, potrete godere di un’arrampicata molto bella su roccia ottima e dalla logica impeccabile. Via ben protetta a chiodi normali, da integrare con friends lungo le fessure. Friends medi necessari per la lunga lama da Dulfer del quarto tiro.
Il percorso è talmente logico che seguendo l’invito della roccia, anche sui compatti muri superiori, a tratti un pò enigmatici, ci si imbatte senza errore sui chiodi presenti.
Attacco
Da Arco verso Nord (direzione Pietramurata/Sarche), superate le Placche Zebrate si prende a sinistra una strada con indicazioni Crossodromo e Hotel Ciclamino, presso il quale si parcheggia.
Costeggiando a Nord il Crossodromo si segue una traccia che sale ripida nel bosco e si immette poi su una forestale. Seguirla brevemente verso sinistra fino ad un tornante verso destra, dal quale di stacca una traccia ben battuta che conduce in breve alla base della parete (ore 0,30). Attacco alla base di una rampa erbosa obliqua a sinistra, posta appena a sinistra di una profonda spaccatura- camino obliqua a destra.
Discesa
Nel bosco sommitale seguire le tracce in direzione del Monte Casale (Nord) fino alla forestale che
riporta in valle. Giunti al punto in cui si era raggiunta la forestale andando all’attacco, si può percorrere in discesa la ripida traccia del mattino (45 minuti all’auto), oppure seguire la stradina fino ad una zona pianeggiante con una palina che segna il rientro dalla ferrata Che Guevara. Abbandonare la strada e prendere a destra una traccia (direzione Sud) che con qualche saliscendi porta al campo da cross dietro all’Hotel Ciclamino (1 ora).
Relazione
L 1 – Seguire la rampa con rocce erbose e un po’ friabili fino ad un grosso albero al quale si sosta. III e IV, si rinviano due alberelli.
L 2 – Ora su roccia buona superare una placca verticale (chiodo) e poi diedrini obliqui a sinistra fino ad una cengetta che si segue verso sinistra, sostando ad una pianta (pochi metri più a sinistra si vede una sosta a fix della Via Diana). VI la placca, poi V+.
L 3 – A destra della sosta salire un diedro/fessura verticale di ottima roccia (due chiodi) fino ad una stretta cornice sulla quale si traversa alcuni metri a destra alla sosta. VI e V+.
L 4 – Salire una bellissima lama verticale in Dulfer (da proteggere) e poi un diedro strapiombante (due chiodi) sulla destra, fino ad un comodo terrazzino dietro un pilastrino staccato. V+ e VI
L 5 – Dapprima in obliquo a sinistra e poi a destra su placche bellissime ad un piccolo gradino di sosta. Tiro splendido, protetto da alcuni chiodi posizionati in punti strategici, visibili solo all’ultimo momento seguendo la logica della parete. V e VI
L 6 – Verticalmente sulla destra della sosta fino ad una cengetta (alberello), che si segue verso destra fino ad un chiodo, che indica il punto in cui forzare direttamente il muro finale. Sosta nel bosco sommitale. V e IV+
12 - MONTE CASALE – PRIMO PILASTRO (o PILASTRO CRISTINA)
Il Primo Pilastro del Casale è un possente avancorpo che, assieme al Secondo Pilastro, delimita sulla destra la ciclopica parete principale del Monte Casale (Parete Est). Il Primo Pilastro è formato da una punta principale a sinistra (Pilastro Cristina, sul quale corra la Via omonima) e una punta secondaria a destra (Pilastro Giusti, sulla quale corre la Via del Missile – vedi relazione nr. 13).
VIA CRISTINA
M. Furlani, L. Puiatti, 1980
400 metri, 15 tiri (con la variante iniziale) VI-, spesso V/R3.
Esposizione Est
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Via di ampio respiro, di stampo dolomitico
Arrampicata prevalentemente in diedri e fessure, alterna tratti di ottima roccia a tratti da affrontare con cautela, soprattutto sul facile. Lungo la via qualche chiodo e cordoni su sassi incastrati, indispensabili i friend fino al 4 bd. Le soste sono state riattrezzate di recente con anelli.
Attacco
Da Arco verso Trento raggiungere Pietramurata. All’uscita Nord del paese (piccola rotonda) girare verso sinistra (Ovest, strada che conduce alla grande cava). Dopo pochi metri parcheggiare e prendere la forestale sulla destra (verso Nord): dopo circa 300 metri individuare sulla sinistra una traccia (ometti) che sale nel bosco, poi per ghiaioni e roccette con qualche bollo rosso puntando all’evidente colatoio che delimita a sinistra la parete. L’attacco della variante consigliata è poco a destra del colatoio, in corrispondenza di una netta fessurina grigia di ottima roccia (50 minuti).
L’attacco originale (sconsigliabile) è invece nel colatoio e segue poi lungamente in obliquo a destra una cengia friabile fino a prendere il pilastro vero e proprio.
Discesa
Traversare nel bosco verso destra e in discesa raggiungere una forestale che si segue verso sinistra fino al sentiero 427 che riporta in valle (ore 1,15)
Relazione
L 1 - Attaccare per una fessura grigia di ottima roccia e seguirla sino al suo termine; V+/VI-, friend 0.4 e 0.5 BD.
Spostarsi a destra con passo su placca (V) e proseguire su cengia erbosa sino alla sosta con anello; 25 m.
L 2 - Continuare per cengia erbosa verso destra.
Pochi metri dopo la partenza dalla sosta non passare a sinistra di uno spuntone, bensì a destra, scendendo leggermente.
Proseguire in diagonale, sempre verso destra, per facili gradoni sino all'anello di sosta; 25 m, II e III.
L 3 - Traversare a destra per alcuni metri, sino a portarsi sulla verticale di un diedro rosso.
Alzarsi su placca (1 chiodo), con un passo leggermente a sinistra su roccia delicata (V+).
Raggiungere il diedro e percorrerlo interamente sino al terrazzino di sosta.
V+/VI-, 2 chiodi, 1 alberello, friend 1-2 BD, 35 m.
L 4 - Percorrere un diedro (V), poi in diagonale verso destra su rocce facili sino alla sosta (II); 25 m.
L 5 - Dalla sosta alzarsi in verticale e poi continuare in diagonale a sinistra, su placca di ottima roccia a tacche (V+, un passo di VI, chiodi). Dove le difficoltà calano (IV) non proseguire in diagonale a sinistra, bensì in verticale per raggiungere l'anello di sosta; 30 m.
L 6 - Dalla sosta affrontare una placchetta leggermente concava (III, friabile), poi proseguire per placche appoggiate di roccia poco solida (inizialmente II, poi I) sino alla cengia; 50 m.
Qui la cengia che proviene da sinistra si trasforma in un canale.
L 7 - Dalla sosta proseguire sul fondo del canale, piuttosto appoggiato, per circa 25 m (III, roccia slavata dall'acqua, ma solida); al termine del tratto più appoggiato superare alcuni blocchi, qui possibile sosta intermedia.
Ora il canale si fa più ripido: affrontare la parete di destra, lungo una fessura (V+, passo atletico, alcuni cordoni su chiodi e sassi incastrati). Uscire sulla destra e raggiungere la sosta con anello; altri 25 m, in totale 50 m.
L 8 - Dalla sosta spostarsi a destra su erba, proseguire poi più direttamente per rocce facili ma friabili e infine arrivare in sosta su un terrazzo; III, 40 m.
L 9 - Affrontare il muretto friabile, partendo un metro a destra della sosta (più solido, passo tecnico), poi salendo proprio sulla sua verticale. Spostarsi a destra ed entrare in un diedrino bianco (ancora un po’ friabile). Proseguire per rocce più facili sino all’imbocco di un diedro-camino, dove si sosta; un passo di VI, poi V, 30 m.
L 10 - Salire il diedro-camino per alcuni metri, poi spostarsi sulla faccia destra seguendo una fessura sino ad arrivare ad una selletta tra la parete principale a sinistra e un pinnacolo a destra; V, 30 m.
L 11 - Si attraversa camminando a destra ed in leggera discesa per alcuni metri, poi si imbocca un diedro grigio compatto, con fessura di fondo (1 chiodo). Si arriva in sosta su terrazzino; V, 25 m.
L 12 - Traversare a sinistra per entrare in un breve diedro chiuso da un tettino (1 chiodo), che si supera sulla sinistra. Poi per fessura (sassi incastrati con cordoni) e rocce più facili sino in sosta su placca gialla; V, 30 m.
L 13 - Salire la fessura sopra la sosta e poi spostarsi a sinistra per evitare una zona franata.
Proseguire verticalmente sino alla sosta su spuntone; alcuni sassi incastrati con cordone, VI, 40 m.
L 14 - Dalla sosta spostarsi leggermente a sinistra, poi salire la bella fessura di ottima roccia, utili i friend 3 e 4 BD.
Dopo un passo non facile (VI, chiodo con cordone) le difficoltà diminuiscono e si continua verso sinistra superando alcuni saltini (V).
Superare alcuni blocchi e raggiungere verso sinistra il terrazzo dove si sosta. Qui è stato rimosso il fix con anello sulla placca che si trova a destra: occorre attrezzare la sosta su albero; 40 m.
L 15 - Proseguire per fessura, un po' sporca di terra, superare un albero e affrontare il diedro finale, bello e articolato, uscendo verso sinistra, qualche cordone; V, 30 m.
13 - MONTE CASALE – PRIMO PILASTRO (o PILASTRO GIUSTI)
VIA DEL MISSILE
G. Stenghel, A. Baldessarini, 1981
400 metri, 11 tiri V+, VI e VI+. Due passi di 6b (azzerabili)/R3.
Esposizione Est
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“Grande capolavoro di intuito e logica. La roccia ottima e la linea esemplare rendono la salita spettacolare e di grande soddisfazione.”: così si esprime Diego Filippi nella sua guida “Pareti del Sarca” e non si può che essere d’accordo.
Una delle più belle vie classiche della valle. Anzi, una delle più belle in assoluto.
Di sicura soddisfazione e di buon impegno in relazione alle difficoltà, anche per la presenza di diversi tiri particolarmente atletici e da proteggere.
Attacco
Da Arco verso Nord risalire la Valle del Sarca e appena usciti dal paese di Pietramurata, all’altezza di un ingrosso di frutta e verdura, prendere sul lato opposto (sinistra) una stradetta e parcheggiare dopo pochi metri (indicazioni per il Sentiero Croz dei Pini e la Ferrata Che Guevara).
Prendere la strada forestale che sale leggermente verso Nord e dopo un po’ individuare sulla sinistra una traccia (ometto) che sale nel bosco. Seguirla lungamente (ad un bivio prendere a destra) fino a giungere allo zoccolo del Pilastro. Le tracce (facili ma esposte) portano sopra lo zoccolo e poi proseguono in falsopiano verso destra, raggiungendo un canale che si risale per un breve tratto, fino ad individuare sulla sinistra la possibilità di accedere ad una cengetta che si inoltra nella parete.
Il punto esatto di attacco non è evidentissimo e richiede un certo intuito (1 ora dall’auto).
Discesa
Seguire le tracce nel bosco verso destra fino ad incontrare una forestale, che si percorre per circa un chilometro, incontrando poi il sentiero segnato che riporta in valle (ore 1,30).
Relazione
L 1 – Salire alla cengia e percorrerla verso sinistra, sostando ad un buon albero. III
L2 - Proseguire per la cengia fino ad entrare in un grande diedro che si sale con bella arrampicata fino ad un gradino di sosta sulla destra. V+
L 3 – Traversare la parete gialla sulla sinistra (un passo in discesa) e poi risalire ad un terrazzino. Alcuni vecchi chiodi, VI e VI+
L 4 – Seguire il verticale diedro grigio seguente, interamente da proteggere a friends. VI
L 5 – Ancora nel diedro (passo difficile all’inizio, protetto da due chiodi), andando poi a sostare sulla sinistra. VII o A0 all’inizio, poi VI.
L 6 – Superato un muretto, salire verso destra una fessura-diedro a tratti strapiombante, da proteggere a friends. VI
L 7 – Salire il camino seguente e sostare al suo termine sulla sommità di un pilastro (la “testa” del missile). V+
L 8 – Traversare brevemente a destra, salire un diedrino e poi in obliquo andare a sostare su una cengetta. V+
L 9 – Salire per diedri e paretine fino ad una sosta su albero sotto la grigia parete terminale. V
L 10 – Salire il bellissimo diedro a sinistra della sosta, con passaggio difficile alla fine, nel superamento di un tettino. VI+. In alternativa si può salire la fessura a destra della sosta, con difficoltà analoghe.
L 11 – Una breve lunghezza facile porta nel bosco sommitale.
14 - DAIN DELLE SARCHE – PARETE DEL LIMARO’
DIEDRO MAESTRI
C. Maestri e C. Baldessari 1957
400 metri, 12 tiri VI+ e A0/R3
Esposizione Ovest
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La via percorre l’immenso diedro ben visibile dalla strada che da Sarche sale a Tione.
Aperta in quattro giorni con largo impiego di mezzi artificiali, si percorre oggi quasi interamente in libera, con arrampicata atletica piuttosto faticosa. Una serie di friend è senz’altro raccomandabile per integrare i pur numerosi chiodi presenti (alcuni a pressione).
La via, nonostante qualche tratto un po' delicato, presenta un’arrampicata piacevole e merita senz’altro una ripetizione per il suo significato storico, per la linea straordinaria e l’ambiente molto suggestivo.
Attacco
Dalla rotonda nel centro di Sarche prendere per Madonna di Campiglio e subito dopo voltare a destra tra le case raggiungendo il parcheggio della ferrata Pisetta (indicazioni). Tornare a piedi sulla statale e seguirla in direzione di Madonna di Campiglio. Superare il ponte sulla Sarca e proprio sul primo tornante (verso sinistra) prendere a destra una sterrata che scende nel greto del fiume. Proseguire per traccia e attraversare a pelo d’acqua una paretina verticale per mezzo di una corda fissa (faticoso, meglio arrivare già imbragati e con un paio di rinvii a portata di mano). Ci si trova di fronte a dei grossi cavi metallici che consentono di attraversare agevolmente il corso d’acqua portandosi sotto la parete: una traccia tra gli alberi porta al punto più alto alla base del grande diedro, dove si trova l’attacco (20 minuti dall’auto).
Discesa
Salire brevemente nel bosco per vaghe tracce e raggiungere in breve un ampio sentiero che si prende verso destra (Est) scendendo con qualche breve cavo fino al bosco sotto la parete Est del Dain. Una ripida traccia sulla destra riporta al paese delle Sarche, in prossimità del parcheggio (1 ora).
Relazione
L 1 – Obliquare a sinistra e salire un diedro, superare un alberello e uno strapiombetto e poi uscire a sinistra su rocce rotte fino alla sosta su albero (V+ e VI, roccia delicata).
L 2 – Salire per rocce gradinate e poi obliquare a destra entrando in un boschetto. Sosta su albero alla base di un diedro con una grande edera sulla sinistra (II)
L 3 – Salire il diedro, prima obliquo a destra e poi dritto, sostando a sinistra ad un albero (VI all’inizio, poi più facile)
L 4 – Continuare per il diedro che piega a destra e fiancheggia una liscia placconata gialla che si supera, andando a sostare scomodamente dove il diedro si raddrizza (VI)
L 5 – Di nuovo in diedro sino alla sosta successiva (VI+, AO)
L 6 – Passare sotto il tetto a destra e superare lo strapiombo successivo traversando poi a sinistra su roccia arancione ad un comodo terrazzo (VI)
L 7 – Salire a destra per bella fessura (Fessura Giacomelli) e obliquare poi a sinistra alla sosta su comodo terrazzino (V+ e VI+)
L 8 – Per fessura raggiungere una nicchia e continuare per una fessura-diedro fino alla sosta alla base di un camino ad imbuto (VI+ e A0)
L 9 – Scalare il camino e uscirne ben presto a sinistra a prendere un diedro che porta alla sosta su terrazzino con pianta (VI)
L 10 – Proseguire nel diedro e prima che si trasformi in fessura traversare a destra e poi risalire una zona erbosa verso sinistra fino ad una comoda sosta su cengia (V+)
L 11 – Salire il diedro a destra della sosta e sostare sotto un tettino (V+)
L 12 – A destra del tetto risalire una lama compatta (utile BD 5) e poi paretine fessurate fino al bosco sommitale (V+)
E per finire
Un capolavoro degli Anni Trenta, la prima grande via che ha fatto conoscere la valle nel mondo.
15 - PICCOLO DAIN
CANNA D’ORGANO
B. Detassis e R. Costazza, 1938
350 metri, 11 tiri V+ e VI/R3
Esposizione Est
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Un alpinista famoso come Bruno Detassis (il “Re” del Brenta) che percorre la linea più evidente della valle non poteva passare inosservato nel mondo alpinistico tradizionalista degli anni trenta.
Un superbo itinerario che richiede esperienza e capacità su tiri di sesto in vera arrampicata libera, con pochissimi chiodi e proteggibilità non sempre ottimale; roccia buona, solo qualche breve tratto friabile e un po’ vegetato. Nella nostra ripetizione non abbiamo sentito il bisogno di aggiungere protezioni, ma numerosi cordini, una serie di friends e magari martello e chiodi possono essere consigliabili, soprattutto per chi è abituato a vie più “domestiche”.
Sicuramente una via dalla linea ideale, riservata ad appassionati della Valle e della sua storia.
Guardare dal basso questo diedro straordinario e poter dire “io l’ho fatto” rappresenta la maggior soddisfazione che un appassionato della valle e dei suoi valori storici può desiderare, tanto che qualcuno afferma che i frequentatori della Valle del Sarca si possono dividere in due categorie: quelli che l’hanno fatto e quelli che continuano a sognarlo.
Attacco
Dal paese di Sarche (parcheggio nei pressi della scuola) seguire il sentiero per la ferrata Pisetta giungendo con ripida salita nel bosco alla base della parete (scritta “per Ranzo” sulla roccia). Proseguire verso destra e ad un ometto abbandonare la traccia principale e seguire tracce e qualche bollo rosso a sinistra, raggiungendo la parete (qualche corda fissa) in prossimità dell’attacco del Pilastro Massud. Da lì traversare salendo verso sinistra lungamente (un tratto anche in discesa) su terreno delicato fino alla base dell’evidente diedrone (1 ora).
Discesa
Dal bosco alla sommità del pilastro seguire la traccia che scende verso Ovest e si collega al comodo sentiero principale che taglia in quota il bosco. Seguirlo verso sinistra (Est). Alcuni cavi e un tratto con gradini scavati nella roccia permettono di scendere il ripido tratto finale, conducendo alla base della parete nei pressi della scritta “per Ranzo”, dove ci si ricollega al sentiero d’attacco (1 ora).
Relazione
La linearità del tracciato rende superflua la relazione tiro per tiro: è una scoperta continua, da gustare passo dopo passo. Da osservare che la via si percorre normalmente in 11 tiri, anche se alcuni sono agevolmente abbinabili. Le soste sono generalmente comode e sicure, solo in qualche caso da rinforzare.