Il Club Alpino Accademico Italiano reputa inaccettabile il provvedimento liberticida della Regione Valle d’Aosta sulla pratica dello scialpinismo
Prendendo a pretesto necessità connesse con la situazione epidemica da Covid 19 la Regione Vda ha deliberato, tra l’altro, di vietare la pratica dello scialpinismo se non con l’accompagnamento di una Guida Alpina o Maestro di sci (Ordinanza n. 552 dell’11 dicembre 2020, punto 11).
Se la finalità è quella di limitare le potenziali necessità di interventi di soccorso e sanitari in questo momento delicato, la decisione appare incomprensibile sulla base dei dati statistici: le valanghe, anche di recente e anche proprio in Vda, hanno colpito sia praticanti privati sia gruppi accompagnati da professionisti.
Se viceversa la finalità, comunque non dichiarata, è quella di supportare una categoria professionale che sicuramente soffre disagi in questa situazione, la decisione appare arbitraria, discriminatoria e persino autolesionista in prospettiva futura. Possiamo infatti immaginare che anche una volta riaperta la Regione i turisti, nel dubbio o per presa di posizione, possano indirizzarsi a zone diverse, dove la libertà di movimento in montagna non ha subito queste limitazioni.
Appare quindi veramente inspiegabile sotto il profilo pratico questa disposizione, ma quello che più ci allarma è il suo significato liberticida.
Oggi con la scusa del Covid si limita con ordinanza regionale la pratica dello scialpinismo, domani potrà toccare all’alpinismo o all’arrampicata, alla mountain bike, all’escursionismo o ad altre attività in montagna perché è evidente che attività outdoor a rischio zero non esistono e pensare che sia possibile ridurre il rischio con un’ordinanza significa non aver capito molto del problema.
Il rischio si limita con politiche che promuovano attivamente la conoscenza, la cultura, la formazione e l’autoresponsabilità, riassegnando ai singoli la responsabilità delle loro scelte e l’assunzione delle conseguenze che ne derivano.
Questo non toglie, naturalmente, che i singoli comportamenti dettati da colpevole incoscienza o incapacità, da chiunque posti in essere, possano, e anzi debbano, essere sanzionati sotto tutti i profili.
Solo l’opposizione attiva, dura e senza sconti dell’intero mondo alpinistico a questo pericolosissimo precedente di limitazione arbitraria alla libertà delle persone potrà garantire per il futuro il mantenimento di quella libertà di accesso alla montagna che è presupposto non negoziabile di ogni esperienza alpinistica.
Anche il CAI ha preso posizione con l'articolo Non dividere gli amanti della montagna pubblicato su Lo Scarpone online.
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Il Collegio delle Guide Alpine della Lombardia prende posizione contro il provvedimento NON SIAMO D’ACCORDO